Chi di querela colpisce (a volte) perisce. La Corte d’Appello di Firenze condanna Simone Pillon a una multa di 1500 euro e a un risarcimento di 30mila per aver diffamato l’associazione Omphalos di Perugia. Il reato è estinto per prescrizione, alla quale l’ex senatore non ha rinunciato. Finisce così una vicenda giudiziaria iniziata nel 2014, quando Pillon al Forum delle Famiglie accusa pubblicamente l’associazione d’aver diffuso nelle scuole materiale che istiga all’omosessualità, con il fine di fare proselitismo, nel corso di altrettante assemblee studentesche. Ritenendo l’accusa falsa e diffamatoria, perché quegli incontri erano dedicati semmai a contrastare il bullismo e la omotransfobia, l’associazione ha denunciato penalmente Pillon, che è stato condannato in primo grado, assolto in appello nel 2021. Sia la procura che l’associazione hanno impugnato l’assoluzione. La Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza e con la decisione di oggi ha messo la parola fine dopo sei anni. Pillon però annuncia già di voler ricorrere alla Corte Europea.

Comunque finisca, la pronuncia è quanto mai salata per l’ex senatore, e non sono perché con le spese legali dovrà sborsare qualcosa come 70mila euro. In via di principio perché smonta uno degli assiomi con cui suole attaccare la comunità Lgbt: la corte riconosce la gravità della sua condotta e disconosce l’esimente di critica che gli era valsa l’assoluzione, mentre dà sostanza al concetto fondamentale per cui “istigare alla discriminazione è fuori dal diritto di critica”. E si paga.

Suona poi come un clamoroso contrappasso alle azioni che lo stesso Pillon ha intentato, insieme ad altri politici, contro tutti coloro dai quali ritiene di essere stato offeso via social, perlopiù a suon di parolacce e insulti plateali. Un’operazione che ha sollevato molte critiche per la modalità con cui viene condotta, ovvero con “raccomandate a strascico” nelle quali viene quantificato un danno da 6 a 20mila euro, che si chiede di versare previo accordo per evitare una denuncia penale e civile. E non senza artifici, come quello di fingere sistematicamente di aver scoperto il commento offensivo (anche vecchio di tre anni) solo da poche settimane, così da poter intimare la minaccia di un’azione penale altrimenti impossibile superati i 90 giorni. Caro diffamatore, non confidare nella prescrizione, è il messaggio. Quella che ora Pillon ha fatto tanto tanto comodo.

La coincidenza non sfugge certo al presidente di Omphalos Stefano Bucaioni. “Quando ha iniziato questa campagna di pesca a strascico credo fosse già in possesso della sentenza della Cassazione che annullava la sua assoluzione, e dunque che già prefigurasse che sarebbe stato condannato a pagare una ingente somma. Quell’operazione forse era dettata anche dalla consapevolezza che avrebbe dovuto mettere mano al portafogli. Un’ulteriore condotta fuori da qualsiasi etica professionale”.

Articolo Precedente

“Come mai non ci sono i pos ai rave party?”. La domanda del senatore di FdI Berrino alle opposizioni in Aula – video

next