È arrivato a sentenza uno dei più importanti processi che certifica i famosi “doppi pagamenti” che l’Azienda sanitaria di Reggio Calabria ha effettuato negli anni in favore di strutture e cliniche private. Venerdì sera, nell’aula bunker, si è concluso con 7 condanne e 10 assoluzioni il processo “Fiscer” nato da un’inchiesta della Guardia di finanza che, nel corso delle indagini, ha analizzato più di cento fatture presentate dallo “Studio radiologico sas di Fiscer Francesco” di Siderno e poste a fondamento di diversi decreti ingiuntivi divenuti esecutivi a seguito della mancata opposizione dell’Asp reggina. In sostanza, stando all’inchiesta coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dai pm Giulia Scavello e Marika Mastrapasqua, si trattava di una transazione di oltre 7 milioni di euro relativa a un saldo crediti che, secondo gli inquirenti, erano stati già riscossi dalla struttura privata.

In questo modo, lo “Studio radiologico Fiscer” avrebbe incassato due volte lo stesso pagamento. Per i pm, infatti, una notevole parte di quelle fatture erano già state liquidate per un ammontare di oltre 4 milioni di euro, compresi gli interessi. Dopo gli avvisi di garanzia e il sequestro disposto dalla Procura, l’anno scorso è iniziato il processo per gli imprenditori della sanità privata e per diversi funzionari pubblici accusati di aver favorito lo studio radiologico di Siderno, nella Locride. Un anno e mezzo di dibattimento e si è arrivati a una prima verità processuale per i 17 imputati accusati, a vario titolo, di truffa all’Asp e al servizio sanitario regionale, ma anche riciclaggio, falso e alterazione di informazioni.

La pena più pesante è andata all’imprenditore Francesco Fiscer (5 anni e 6 mesi di carcere). Sono stati condannati anche l’amministratore di fatto Pietro Armando Crinò (5 anni), Giuseppe Fiscer (3 anni), i soci Caterina Caracciolo (3 anni) e Roberta Maria Strangio (3 anni), l’ex direttore generale dell’Asp Ermete Tripodi (4 anni) e l’ex direttore amministrativo Pasquale Staltari (3 anni e 3 mesi). Sono stati, invece, assolti l’ex commissario l’amministratore di fatto dello studio Antonino Strangio, l’ex direttore sanitario Francesco Barillaro e i funzionari dell’Asp Giuseppe Maria Latella, Giuseppe Falcone, Raimondo Delfino, Antonino Vartolo, Bruno Logozzo, Daniela Nocera. Francesco Sorrentino. Sono cadute tutte le accuse, infine, anche per l’ex commissario straordinario dell’Asp e scrittore Santo Gioffrè, lo stesso che ha sventato il doppio pagamento di una fattura da 6 milioni di euro alla clinica “Villa Aurora” denunciando tutto in Procura.

In questo processo era accusato di aver firmato, il 3 aprile 2015, pochi giorni dopo il suo insediamento, il mandato di pagamento all’istituto radiologico di Siderno relativo alla transazione. Era l’atto finale di una procedura iniziata dai suoi predecessori. Gioffré si è sempre dichiarato innocente respingendo ogni accusa sin dall’interrogatorio sostenuto in Procura durante la fase delle indagini. Anche ieri l’ex commissario (per il quale erano stati chiesti 3 anni di carcere) era in aula bunker per assistere all’arringa del suo avvocato Lorenzo Gatto. Al termine del processo, il giudice gli ha dato ragione.

Si, sono stato assolto. – ha scritto sui social – Accusato, dal 9 luglio 2019, di un reato che ancor stamattina stento a comprendere. Cosa che, per nulla, in questi anni mi ha intimorito di fronte all’intento d’indurmi al silenzio. La distorsione e la commistione del potere, in una Calabria dominata dalla barbarie dell’ignoranza e della totale perdizione e dove si vorrebbe solo il dominio delle guardie e dei ladri, io grido, forte, il mio diritto, derivato dalla mia formazione ideologica rivoluzionaria ed intellettuale, a non sottomettermi a nessuna logica di annientamento del libero pensiero e del libero comportamento. In questi giorni, dal momento in cui è stata chiesta la mia condanna a 3 anni, e fino a ieri sera, pur sapendo che nessuno mi poteva condannare perché nulla avevo fatto se non, da commissario dell’Asp di Reggio Calabria, difeso lo Stato e la gente comune martoriata e vilipesa, ho sentito vibrare, sulla mia pelle, il senso pauroso della solitudine. Allora, ho pensato agli occhi di mio padre e di mia madre e dei miei compagni di lotta che non ci sono più. Ma ho avuto, anche, l’amore e il conforto delle persone che mi vogliono bene, senza tentennamenti”. Fino a ieri paradossalmente sotto processo, due anni fa Gioffré ha pubblicato pure un libro (“Ho visto” edito Castelvecchi) su quello che lui stesso ha definito “il sistema di ruberie che per anni, nella totale disattenzione di tutte le autorità, periferiche e centrali dello Stato, una banda di lestofanti e colletti bianchi, godendo di una impunità e complicità totale, aveva devastato i conti dell’Asp, impedendo, per sempre, alla Calabria di uscire dai rigori del piano di rientro, piano che aveva solo fatto macelleria sociale”.

Rileggendo le sue parole, anche alla luce della recente relazione della Corte dei Conti sulla sanità regionale, non può negarsi quanto siano ancora attuali: “Quello che è successo in Calabria è tutto da scrivere. Io ho tentato un intervento di ricostruzione del bilancio, nei cinque mesi della mia gestione. Lo sapevano tutti, forse per questo mi fermarono con un artificio tecnico legale. La sanità è stata una mangiatoia dove gli interessi spesso si incrociavano. E potevano essere anche interessi di Stato. Parliamo di Stato deviato. Io ho il sospetto che con la sanità calabrese si sono creati dei fondi neri per fare operazioni di vario tipo”. Il riferimento all’ “artificio tecnico legale” non è all’indagine della Procura di Reggio Calabria ma alla “rivoluzione” che aveva in mente e che non è riuscito a realizzare perché, nel 2015, a cinque mesi dal suo insediamento, quattro parlamentari del Movimento Cinque Stelle avevano sollevato il problema che lo scrittore e medico Santo Gioffrè non poteva fare il commissario dell’Azienda sanitaria perché due anni prima si era candidato, senza essere eletto, a sindaco di Seminara, un paesino di 1500 abitanti in provincia di Reggio e dunque compreso nel territorio dell’Asp. Partì la segnalazione all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone che diede ragione ai grillini. Cacciato dalle istituzioni per un cavillo dopo aver denunciato le ruberie all’interno dell’Azienda sanitaria, quindi, Gioffré si è trovato pure sotto processo con un’accusa infamante. In silenzio si è difeso e, a due mesi dalla prescrizione, ieri è arrivata un’assoluzione destinata, almeno per quando lo riguarda, a diventare definitiva. Mentre la sanità calabrese rimane al collasso.

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