Se ne era andata in pensione nelle condizioni peggiori per una funzionaria dello Stato, dopo 40 anni di servizio. Nel 2021 l’allora provveditore alle Opere pubbliche del Triveneto, Cinzia Zincone, era stata sospesa per tre mesi, senza stipendio. Era così passata direttamente dalla poltrona più alta dell’ufficio che sovrintende gli interventi in laguna, Mose compreso, alla quiescenza. Un anno dopo, il Tribunale del lavoro ha accertato che la sospensione fu illegittima, di conseguenza il provvedimento adottato nel settembre di un anno fa è stato annullato. La decisione era stata assunta dal ministero delle Infrastrutture e le polemiche infuriarono.

Si era, infatti, nel bel mezzo della guerra del Mose, fase cruciale per uscire da uno stallo che sembrava diventato cronico. La commissaria Elisabetta Spitz, insediata tre anni prima, non era riuscita ad accelerare i lavori per completare le dighe mobili che devono salvare Venezia dall’acqua alta. Zincone era entrata in rotta di collisione con l’architetto per una diversità di veduta sul modo di affrontare la situazione, tra esigenza di completare il Mose e i fornitori che chiedevano di essere pagati. Nel frattempo era stato nominato il commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova, nella persona del commercialista Massimo Miani, che stava cercando di evitare il fallimento. Nella partita era entrata anche Ilaria Bramezza, capo dipartimento delle opere pubbliche del ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile.

Il risultato fu un cortocircuito tra diversi poteri. Zincone ebbe la peggio. Adesso il giudice Anna Menegazzo le ha dato ragione. Ha accertato che aveva fatto bene a liquidare 800mila euro (su 3 milioni e mezzo di crediti vantati) alla cooperativa Clodia che aveva effettuato lavori alla bocca di porto di Chioggia. Si trattava della principale contestazione (a cui si era aggiunta una velenosa intervista riportata da un quotidiano veneziano). Al provveditore Zincone era stata contestata una scelta di “carattere preferenziale”, che non avrebbe tenuto conto dell’esistenza di altri creditori del Consorzio, che come la Cloidia aspettavano i pagamenti. Gli avvocati Giuliano Marchi, Alvise Benedetelli e Giada Palladini, avevano sostenuto che, non essendovi una procedura di fallimento in corso, la decisione assunta da Zincone era legittima. Il giudice ha addirittura dichiarato che “il pagamento diretto da parte del Provveditorato era dovuto”. A opporsi a quel pagamento era stata la commissaria Spitz, ma per il giudice non c’era una subordinazione del provveditore rispetto alla commissaria sblocca-Mose. Insomma, aveva una autonomia decisionale e l’aveva esercitata.

Il giudice ha respinto la richiesta di 150 milaeuro per danni avanzata dalla Zincone e ha condannato il ministero a pagare gli stipendi sospesi e a ricostruire la carriera ai fini del trattamento di fine rapporto. “Sono contenta. Non mi piaceva andare via in quel modo, con quella sospensione mi hanno ammazzato. Ho vissuto per mesi in un incubo di cui non capivo la ragione. Ora la sentenza stabilisce la correttezza del mio operato, questo per me era l’importante” ha commentato Zincone. Intervistata dai giornali locali, si è poi tolta qualche sassolino: “Mi sono chiesta a lungo perché ce l’avessero tanto con me. Credo per due motivi. Perché ero in pole position per guidare l’Autorità per la laguna, ruolo che interessava al capo dipartimento Bramezza. E poi per la gara della manutenzione assegnata a Fincantieri (la gara è poi stata annullata, ndr). Non doveva vincerla così, secondo il commissario Spitz. Le avevo fatto ombra”.

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