Sono “numerose” le “ombre” che “avvolgono la tragica fine di Denis Bergamini”. Questa volta, a ribadire il mistero attorno alla morte del centrocampista del Cosenza, deceduto nel 1989, c’è la firma della Cassazione. In un verdetto relativo a una causa per diffamazione, i giudici sottolineano tuttavia che la richiesta di archiviazione, avanzata nel 2015 dal procuratore Franco Giacomantonio che guidava la Procura di Castrovillari, sul caso fatto passare per suicidio “non fu una decisione superficiale o, peggio, deviata da una qualche parzialità” ma aveva “ampie ragioni”, considerando anche il tempo passato.

Secondo i legali di parte civile, ora nel processo di primo grado in corso davanti alla Corte di Assise di Cosenza in cui è imputata la ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, accusata di omicidio volontario, stanno venendo a galla tante falsità. L’avvocato Fabio Anselmo, che assiste i familiari di Bergamini che da oltre 30 anni chiedono la verità e non hanno mai creduto alla messa in scena del suicidio, fa sapere che “stanno emergendo molti depistaggi e falsi in atti di indagine che non corrispondono al vero, a partire dall’ispezione cadaverica mai avvenuta, perché il corpo di Denis non è stato nemmeno toccato, e infatti la relazione non è stata firmata dal medico”.

Le motivazioni della sentenza della Cassazione sul diritto di cronaca sono state depositate pochi giorni fa: “Non è questa la sede – dice la Suprema Corte – per diradare alcuna delle numerose ombre che avvolgono la tragica fine di Denis Bergamini, tanto da far sì che un processo sia attualmente in corso dinanzi alla Corte d’Assise di Cosenza, proprio con imputata Isabella Internò per il reato di omicidio” ma “tacciare” l’allora procuratore generale di Castrovillari di “forte opacità” nello svolgimento delle sue funzioni e “senza alcun nesso di veridicità soprattutto circa l’esistenza di collegamenti con la Internò, travalica i limiti della critica giornalistica lecita”.

Dopo quella richiesta di archiviazione fatta nel 2015, si arrivò alla riapertura delle indagini avvenuta nel 2017 – su ‘via libera’ della stessa Cassazione – sulla base della disponibilità di nuove tecniche scientifiche in grado di accertare se Bergamini era vivo quando venne ‘travolto’ dal camion, o se invece, come emerso dalle ultime perizie, era già morto per soffocamento. Per quanto riguarda il processo per diffamazione ai danni del pg Giacomantonio, la Cassazione ha confermato la multa pecuniaria di 2mila euro per un cronista che nel 2015 lo definì, tra l’altro, “pavido” per aver chiesto l’archiviazione per la Internò definita personaggio “potente” contro la quale il magistrato non voleva agire, una tesi non suffragata da “concreta verifica”, secondo i supremi giudici e in base alle carte giudiziarie disponibili allora, nel 2015.

In un lungo post su Facebook l’avvocato Anselmo elenca una serie di elementi che stanno emergendo dal processo: “L’assassinio di Denis Bergamini è una bufala? È tutta una mia invenzione?”, domanda l’avvocato Anselmo in un post sui “depistaggi” venuti a galla nel dibattimento in corso a Cosenza sottolineando, ad esempio, che “il 18 novembre 1989 il dott. De Marco andò a constatare il decesso sul posto. Certificò un inesistente sfondamento toracico ed altre lesioni. Si è poi giustificato, anche all’udienza del 26 maggio scorso, sostenendo che allora era giovane ed inesperto nonché emotivamente impressionato dal cadavere di quel ragazzo. Ha poi aggiunto di non averlo nemmeno spostato”. La prossima udienza a Cosenza è fissata per il 13 dicembre.

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