Le anticipazioni parlavano di una marcia indietro sulle multe per i negozianti che rifiutano i piccoli pagamenti con il pos. In palese violazione di un preciso impegno preso con Bruxelles nel Recovery plan, parte del pacchetto di misure grazie al quale l’Italia solo due settimane fa ha incassato la seconda rata di prestiti e sovvenzioni per un totale di 21 miliardi. Ma la bozza della prima legge di Bilancio del governo Meloni dice qualcosa di un po’ diverso: la modifica interviene a gamba tesa sul comma della legge del 2012 che impone l’obbligo stesso di accettare la moneta elettronica. E stabilisce che “non trova applicazione” per gli acquisti sotto i 30 euro nelle ipotesi che saranno definite con un decreto Mimit-Mef per “garantire la proporzionalità della sanzione e assicurare l’economicità delle transazioni in rapporto ai costi delle stesse”. In attesa del provvedimento, ovviamente, le sanzioni si fermano.

La differenza non è marginale come sembra. Si tratta, probabilmente, di un abile tentativo di aggirare il rischio che la Commissione drizzi le antenne e chieda conto del dietrofront rispetto all’introduzione delle multe, obiettivo raggiunto nel primo semestre 2022 come previsto dal cronoprogramma. “Nel testo della milestone del Pnrr che prevedeva “efficaci sanzioni amministrative in caso di rifiuto di accettare pagamenti elettronici” si dava infatti per scontata l’esistenza dell’obbligo”, ragiona Alessandro Santoro, presidente della commissione di esperti che ogni anno prepara la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale. “Formalmente, il governo ora interviene a monte di quell’impegno. La norma è fuori dall’ambito di applicazione del piano. Non dovrebbe risultare problematica, anche perché la Commissione è incline ad accettare distinzioni sulla base di soglie, visto che ci sono dei costi di transazione”.

Di certo, il messaggio che arriva ad esercenti e professionisti – in parallelo con l’aumento del tetto all’uso del contante – è chiaro. E del tutto in linea con la nota avversione di Meloni e alleati nei confronti di ogni norma che – come peraltro richiesto nelle raccomandazioni europee per il 2019 che il Pnrr deve contribuire a realizzare – spinga verso i pagamenti elettronici. La motivazione ufficiale è che si costringono le piccole e medie imprese a “versare oboli” alle banche sotto forma di commissioni e costo dei dispositivi. “Tutto a carico delle imprese, che ovviamente saranno costrette a ribaltare il costo sui clienti”, ha attaccato la premier – allora all’opposizione – quando a luglio sono entrate in vigore le multe di 30 euro più il 5% del valore della transazione per chi rifiuta di farsi pagare con il bancomat.

Il nodo dei costi ovviamente esiste. Va però ricordato che dal luglio 2020 è stato previsto un credito di imposta del 30% sulle commissioni pagate dall’esercente, percentuale che è salita fino al 100% (in caso di contestuale acquisto o noleggio di nuovi registratori di cassa intelligenti) tra luglio 2021 e luglio 2022, in parallelo con il piano cashless che comprendeva lotteria degli scontrini (ancora in vigore) e il cashback poi cancellato dal governo Draghi. Per l’anno prossimo il credito non risulta finanziato. Va ricordato anche che il circuito Bancomat ha azzerato le commissioni sui pagamenti fino a 5 euro dal gennaio 2021 al dicembre 2022 e diversi istituti prevedono lo stesso per gli acquisti fino a 10 euro. Una grande banca ha appena annunciato di aver reso gratuito per un anno il canone dei Pos e di aver ridotto a zero le commissioni sui pagamenti in negozio fino a 15 euro. Tutte iniziative che il governo potrebbe cercare di stimolare e rendere più incisive, tenuto conto anche del boom di utili registrato dalle banche grazie all’aumento dei tassi. Esistono poi offerte di terminali con zero costi fissi e transazioni molto basse e app che consentono ai clienti di pagare senza contante con transazioni nulle o bassissime a carico dei negozianti.

Per ora, dal mondo dei commercianti e degli artigiani non si registrano reazioni. Non ha invece apprezzato la novità l’Unione nazionale consumatori: per il presidente Massimiliano Dona “è una vergogna sospendere le multe per chi non accetta i pagamenti elettronici dopo meno di 5 mesi dall’introduzione delle sanzioni” e “quando l’obbligo del Pos è previsto dal 2012, 10 anni fa”. La “scusa dei costi”, prosegue Dona, “è una fake news colossale, visto che oramai innumerevoli banche hanno deciso di azzerare le commissioni per i micropagamenti. Inoltre bastava rinnovare i crediti di imposta ora scaduti per risolvere il problema”.

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