Papa Francesco ha recentemente ribadito l’importanza dei social per evangelizzare. Pur mettendo in guardia, in particolare il clero e i religiosi, dai pericoli dei mass media, Bergoglio ha affermato: “Credo che queste cose si debbano usare perché è un progresso della scienza, fanno un servizio per poter progredire nella vita”.

Ne erano profondamente convinti i padri conciliari che emanarono il decreto sugli strumenti di comunicazione sociale, Inter mirifica. Fu il primo documento approvato dal Concilio Ecumenico Vaticano II, il 4 dicembre 1963. “Tra le meravigliose invenzioni tecniche – si legge nel testo – che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti. Tra queste invenzioni occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi possono essere chiamati: strumenti di comunicazione sociale”.

Dal 1963 agli anni Duemila si è verificato un mutamento profondamente radicale e non solo per i mass media. Lo spirito, però, con cui la Chiesa cattolica continua a guardare alla galassia digitale resta invariato. Una lettura diversa tradirebbe non solo le indicazioni del Vaticano II, ma perfino quelle del fondatore del cristianesimo che ai suoi apostoli insegnava: “Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti”. La Chiesa, infatti, è comunicatrice per natura.

È esattamente alla luce di questi insegnamenti del magistero del cattolicesimo che è stato pubblicato il volume La Chiesa nel digitale (Tau) curato da Fabio Bolzetta, inviato di Tv2000, direttore dell’Ufficio di comunicazione della Pontificia Accademia mariana internazionale e presidente dell’Associazione dei webmaster cattolici italiani. Un testo molto utile perché offre strumenti concreti per chi opera nel mondo della comunicazione ecclesiale. Il tutto rivisto anche alla luce dell’uso dei mass media durante la fase acuta della pandemia.

“L’Associazione dei webmaster cattolici italiani – scrive Papa Francesco nella prefazione – in questi ultimi due anni ha incontrato e raccontato sacerdoti di ogni età impegnati, anche attraverso le nuove tecnologie, a mantenere unite le comunità affidate loro. L’uso di un telefono di fronte al divieto di assistere ai funerali per i familiari o la promozione di incontri in streaming per rassicurare, incontrare, essere sempre presenti e vicini hanno spinto, ancora di più, la crescita dell’uso del digitale anche nella pastorale”.

Bergoglio, inoltre, ricorda che “questa fase è stata certo eccezionale, specialmente per quanto riguarda l’esperienza della trasmissione online delle celebrazioni. L’incontro virtuale non sostituisce e non potrà mai sostituire quello in presenza. L’essere fisicamente presenti allo spezzare del pane eucaristico e del pane della carità, il guardarsi negli occhi, l’abbracciarsi, l’essere uno fianco all’altro nel servire Gesù nei poveri, lo stringere la mano dei malati, sono esperienza che appartengono al nostro vissuto quotidiano e nessuna tecnologia o rete sociale potrà mai sostituirle. Rimane, tuttavia, la necessità che l’enorme crescita, caratterizzata da tante creatività e generosità, venga ora accompagnata da una nuova consapevolezza”.

“In questo libro – spiega ancora Francesco – sono stati selezionati decine di video tutorial su Chiesa e comunicazione digitale, dedicati specialmente ai sacerdoti. La generosità e la spontaneità che hanno caratterizzato la fase dell’emergenza vanno ora accompagnate da un’adeguata formazione. C’è davvero molto da fare, per crescere insieme nella consapevolezza dell’importanza ma anche dei rischi che l’uso di questi strumenti comporta. C’è davvero molto da fare per imparare ad ascoltare; e per coinvolgere e formare giovani, nativi digitali, che siano in grado di rivitalizzare i siti web delle parrocchie. Il web e le reti sociali – conclude il Papa – possono essere abitati da chi testimonia la bellezza della fede cristiana, da chi propone storie di fede e carità vissuta, da chi comunica con il linguaggio di oggi la straordinaria novità del Vangelo, e da chi ascolta come gli apostoli e i discepoli impararono a fare da Gesù”.

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