C’era un tempo in cui per Giorgia Meloni le trivellazioni nel mare Adriatico erano “un aiuto ad alcune grandi lobby” e avrebbero contribuito “all’inquinamento del nostro mare”. Ora che è alla guida del governo e deve affrontare la crisi energetica, invece, le trivelle diventano la chiave per “ampliare le fonti di approvvigionamento” e “calmierare l’andamento dei prezzi“. Al referendum del 17 aprile 2016 Meloni fece campagna elettorale per il al referendum abrogativo: voleva vietare il rinnovo delle concessioni esistenti e le nuove concessioni oltre le 12 miglia. Oggi invece il suo provvedimento, che sarà inserito nel decreto aiuti ter, prevede addirittura nuove concessioni per aumentare l’estrazione di gas in Adriatico e anche a partire dalle 9 miglia dalla costa.

Sono passati 6 anni e mezzo da quel referendum, che non ebbe successo perché non fu raggiunto il quorum, durante i quali Meloni sulla questione trivelle non si è più esposta in prima persona. Nel frattempo ci aveva pensato Matteo Salvini, anche lui protagonista di un’inversione a U: il leader della Lega sempre nel 2016 girava l’Italia con la maglietta “Stop Trivelle, vota sì“. Poi già nel 2019 aveva cambiato idea, quando da vicepremier del governo gialloverde voleva impedire al M5s di approvare lo stop alle ricerche in mare di idrocarburi. Ai tempi del referendum, Salvini in tour spiegava perché fosse importante votare Sì. Solo tre anni più tardi, per la Lega bloccare i permessi per le trivellazioni sarebbe stato solo un danno economico per l’Italia.

La stessa giravolta compiuta da Meloni a qualche anno di distanza. Venerdì in conferenza stampa, a parte la gaffe sui metri cubi di gas, la premier ha difeso la norma: “Chiederemo ai concessionari che dovessero aderire di mettere a disposizione, in cambio, da gennaio gas tra 1 e 2 miliardi di metri cubi da destinare ad aziende energivore a prezzi calmierati“. L’emendamento sulle trivelle prevede “il rilascio di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia, in deroga al decreto legislativo del 2006 che invece precludeva nuove attività in materia di idrocarburi nelle aree marine protette e nelle 12 miglia da dette aree e dalla costa”. Quindi una misura molto più impattante rispetto a quella del 2016, che invece la Meloni contrastava con fermezza. Allora al governo c’era Matteo Renzi e Meloni diceva: “Quella legge va abrogata perché non si può continuare a inquinare il nostro mare”. “Il Governo Renzi – spiegava a due settimane dal referendum – ha dato al Pd la linea di non andare a votare e così si continua a dare alle trivelle il permesso di continuare a scavare“. Il giorno prima del voto su Facebook scriveva: “Rivolgo un appello ai cittadini: non fate passare sottotraccia un referendum molto importante per la qualità del nostro ambiente e la difesa del nostro mare. Non andare a votare, come invita a fare Renzi, sarebbe un aiuto ad alcune grandi lobby che sono legate a questo governo”. Il tutto corredato da foto con lo striscione: “Ferma le trivelle, il mare è il nostro petrolio”.

A distanza di oltre 6 anni Renzi ha colto la palla al balzo per prendersi la sua rivincita: “La Presidente Meloni ha annunciato che l’Italia tornerà a estrarre gas dall’Adriatico. Quando proposi la stessa cosa io, Meloni si oppose e disse che ero schiavo delle lobby dell’energia. Una bella inversione a U. Non sarà l’ultima, vedrete”, ha scritto in un tweet, accompagnato dall’hashtag #TempoGalantuomo. Per primo è stato il presidente M5s Giuseppe Conte a sottolineare la giravolta della premier: “‘Basta alle trivellazioni, basta all’inquinamento del nostro mare e basta a un governo ipocrita e servo dei poteri forti’. Per commentare le decisioni del suo governo prendiamo in prestito le sue parole del 2016, Presidente Meloni. Non avremmo saputo dirlo meglio”, si legge in un post su Facebook.

“Giorgia Meloni è Giano Bifronte, come Salvini. Fuori dal governo facevano entrambi le battaglie contro le trivelle perché dicevano che inquinavano i nostri mari ed erano un favore alle lobby del petrolio”, ricordano in una nota anche i co-portavoce di Europa Verde e deputati Eleonora Evi e Angelo Bonelli, che proseguono: adesso “hanno approvato un emendamento al DL Aiuti Ter che dà il via libera alla devastazione dei nostri mari, in aree ambientalmente preziose come il Golfo di Napoli e di Salerno – di fronte ad Amalfi e Positano – alle Isole Egadi – di fronte a gioielli ambientali come Marettimo e Favignana – alle Isole Tremiti – dichiarate Patrimonio dell’Unesco – nel Golfo di Taranto“. “In più – spiegano gli ecologisti – con una politica mistificatoria, questo governo sta facendo credere agli italiani che i nostri mari siano ricchi di gas. Una grande bugia, smentita dai dati del Mise che indicano chiaramente che i giacimenti di gas sfruttabili dei nostri Mari non superano i 37 miliardi di metri cubi. Che mi equivalgono a meno di 6 mesi del nostro fabbisogno annuale. Nel frattempo questo governo di mistificatori consente che l’Italia esporti in grandi quantità gas all’estero: nei primi nove mesi del 2022 quasi 3 miliardi di metri cubi, facendo realizzare profitti miliardari a società di brokeraggio e energetiche”.

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