Amnesty International ha pubblicato una nuova ricerca sugli attacchi illegali commessi all’inizio di agosto durante l’offensiva di Israele su Gaza, costata complessivamente la vita a 49 palestinesi.

Utilizzando fotografie dei frammenti delle munizioni, analizzando immagini satellitari e intervistando decine di testimoni, l’organizzazione per i diritti umani ha ricostruito tre attacchi: due compiuti dalle forze israeliane e uno, molto probabilmente, da gruppi armati palestinesi.

I due attacchi israeliani hanno ucciso complessivamente sei civili palestinesi. Altri sette civili palestinesi sono stati uccisi da quello che è apparso un razzo privo di guida lanciato da gruppi armati palestinesi.

L’uccisione di Duniana al-Amour

Duniana al-Amour, 22 anni, studentessa di Belle arti e residente con la sua famiglia in un villaggio nei pressi di Khan Younis nella parte meridionale di Gaza, è stata uccisa nel pomeriggio di venerdì 5 agosto. Alle 15.55 un proiettile esploso da un carro armato israeliano ha colpito l’abitazione uccidendo Duniana e ferendo la madre Farha e la sorella Areej. Al momento dell’esplosione il padre di Duniana, Adnan al-Amour, stava innaffiando gli olivi nel campo mentre gli altri componenti della famiglia stavano bevendo il tè all’interno dell’abitazione, come ogni venerdì.

L’abitazione degli al-Amour si trova a solo un chilometro di distanza dalla barriera che separa Gaza da Israele, a 750 metri da una torre di controllo delle Brigate al-Quds e a 360 metri da un’altra torre di controllo delle Brigate Izz al-Din al-Qassam. Venti minuti dopo l’esplosione, le forze israeliane hanno colpito la torre di controllo delle Brigate al-Quds.

Le fotografie dei resti delle munizioni hanno consentito agli esperti sulle armi di Amnesty International di identificare il proiettile che ha ucciso Duniana: si tratta di un M339 di 120 millimetri, attualmente prodotto dall’azienda israeliana IMI Systems, di proprietà della Elbit Systems. Il proiettile, di cui nessun gruppo armato palestinese è in possesso, ha “un’alta probabilità di colpire il bersaglio in modo letale con pochi danni collaterali”. Le immagini dell’abitazione degli al-Amour mostrano che il proiettile ha causato un foro solo su una delle pareti.

Un’analisi della precisione del proiettile ha permesso ad Amnesty International di determinare quello che doveva essere il suo obiettivo. La maggior parte dei cannoni che esplodono proiettili da 120 millimetri ha una probabilità di errore circolare di solo quattro metri: se usati in modo appropriato, i proiettili dovrebbe colpire entro un diametro di quattro metri dall’obiettivo. È dunque improbabile che il cannone stesse mirando a una delle due torri di guardia quando ha centrato l’abitazione degli al-Amour, altrimenti avrebbe mancato l’obiettivo di centinaia di metri.

Amnesty International ha così concluso che le forze israeliane paiono aver volutamente colpito l’abitazione degli al-Amour. L’organizzazione non ha rinvenuto alcuna prova circa il coinvolgimento di membri di questa famiglia nei combattimenti. “Stiamo lungo il confine e loro [i soldati israeliani] sanno tutto di noi e sanno che non ci occupiamo di politica, siamo solo semplici contadini. I loro droni controllano ogni nostro movimento”, ha raccontato Adnan al-Amour.

L’attacco al cimitero al-Falluja

Verso le 19 del 7 agosto un missile ha colpito il cimitero al-Falluja di Jabaliya, a nord di Gaza, uccidendo cinque minorenni: Nadhmi Abu Kharsh (15 anni) e i cugini Jamil Najmiddine Nejem (quattro anni), Jamil Ihab Nejem (14 anni), Hamed Haidar Nejem (16 anni) e Miuhammad Salah Nejem (16 anni). Amir Abu al-Mi’za (otto anni) è rimasto gravemente ferito a causa di una scheggia che è entrata nella zona della spina dorsale.

Tutti vivevano nell’affollatissimo campo rifugiati di Jabaliya. Secondo Haidar Nejem, padre di Hamed, i ragazzi spesso andavano a giocare al cimitero dove c’è più spazio. Ma lì, soprattutto, si va a commemorare i defunti. Come stava facendo Nadhmi Abu Kharsh, sulla tomba della madre al momento dell’attacco.

Inizialmente l’esercito israeliano ha attribuito la responsabilità dell’attacco alla Jihad islamica palestinese. Il 16 agosto, tuttavia, fonti anonime militari hanno riferito al quotidiano Haaretz che un’indagine preliminare aveva concluso che né la Jihad islamica palestinese né le Brigate al-Quds stavano lanciando razzi al momento dell’attacco. Dopo la pubblicazione dell’articolo, l’esercito israeliano non ha confermato né ha smentito.

Gli esperti sulle armi di Amnesty International hanno concluso che i pezzi di metallo fotografati sul posto coincidono con frammenti di un missile guidato israeliano. Abitanti del posto hanno dichiarato di aver sentito il rumore di un drone che volava in alto poco prima dell’attacco.

L’attacco al campo rifugiati di Jabaliya

Alle 21.02 del 6 agosto un proiettile ha colpito una strada nel campo rifugiati di Jabaliya uccidendo sette civili palestinesi: Momen al-Neirab (sei anni) e suo fratello Ahmad al-Neirab (12 anni), Hazem Salem (otto anni), Ahmad Farram (16 anni), Khalil Abu Hamada (18 anni), Muhammad Zaqqout (19 anni) e Nafeth al-Khatib (50 anni).

Secondo Amnesty International, vi sono prove sufficienti per ritenere che l’attacco al campo rifugiati di Jabaliya sia stato causato da un razzo lanciato dai gruppi armati palestinesi, apparentemente destinato a colpire il territorio israeliano. Sono emerse diverse analogie tra questo e precedenti attacchi attribuiti ai gruppi armati palestinesi. Ad esempio, i resti delle munizioni erano stati rimossi, contrariamente a quanto accade quando sul terreno restano parti di armi e munizioni israeliane che vengono conservate ed esibite.

Alcuni abitanti del campo, intervistati da Amnesty International, hanno riferito di non avere sentito rumori di droni o aerei da guerra israeliani prima dell’attacco; altri, chiedendo di rimanere anonimi, hanno detto di credere che la responsabilità dell’attacco sia stata di “un razzo locale”. Due minuti prima dell’attacco, le Brigate al-Quds avevano condiviso sui social media la diretta video di quella che veniva definita una raffica di razzi contro Israele.

Come altri casi in cui razzi palestinesi hanno causato morti e feriti tra i civili, l’attacco contro il campo rifugiati di Jabaliya dev’essere indagato come un possibile crimine di guerra. Dal 2008 i gruppi armati palestinesi hanno lanciato migliaia di razzi indiscriminati contro le città israeliane, in violazione del diritto internazionale, causando decine di morti tra i civili israeliani. I razzi privi di guida usati dai gruppi armati palestinesi di Gaza, tra cui le Brigate al-Quds, sono inerentemente imprecisi. Il loro uso in aree civili viola il diritto internazionale e può costituire crimine di guerra.

Amnesty International ha scritto al procuratore generale di Gaza esprimendo preoccupazioni per la rimozione dei resti delle munizioni dai siti degli attacchi e ha chiesto informazioni su eventuali indagini aperte sull’attacco al campo rifugiati di Jabaliya e sui quattro attacchi in cui erano morti sette civili e di cui non aveva potuto ricostruire le responsabilità. Il procuratore generale di Gaza ha dichiarato ad Amnesty International che le autorità locali stavano indagando su tutti i casi di violazioni verificatesi durante il conflitto, ma non ha specificamente menzionato quello contro il campo rifugiati di Jabaliya e non ha fornito informazioni sugli sviluppi delle indagini.

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