Una fattura da 188mila euro da pagare entro fine ottobre. Luca Nasi, sindaco di Rolo, quattromila anime in provincia di Reggio Emilia, se l’è trovata sul tavolo qualche giorno fa: sono gli “extraprofitti” generati da un impianto fotovoltaico comunale che ora il Gse (Gestore servizi energetici) chiede indietro, come previsto dal decreto Sostegni ter di gennaio. Una misura pensata per reperire fondi per aiutare imprese e famiglie a far fronte al caro bollette tassando i produttori di energia, che però va a colpire anche gli enti locali che anni fa hanno installato pannelli su terreni o tetti di edifici pubblici sfruttando gli incentivi del Conto energia, e oggi sono a loro volta alle prese con le bollette per l’illuminazione pubblica e il riscaldamento salite alle stelle. “Non si è assolutamente tenuto conto”, ha scritto Nasi su Facebook, “che un Comune, oltre a essere marginalmente produttore di energia elettrica, è anche consumatore di energia e gas”.

A Rolo quest’anno si prevede una spesa per bollette di 326mila euro, a fronte dei 193mila dell’anno scorso. Inizialmente il sindaco aveva previsto di coprire la differenza proprio grazie a quanto incassato in più per la vendita dell’energia rinnovabile prodotta, ma ora si trova costretto ad accantonare quella somma in vista del versamento da fare al Gse. “Temo che molti enti si troveranno ulteriormente in difficoltà nel dover dar seguito a questi pagamenti forzati, anche solo per carenza di liquidità, non potendo dilazionare o rateizzare il pagamento”. Un timore fondato: secondo l’associazione dei Comuni italiani (Anci), ben 1.200 amministrazioni dovranno entro pochi giorni effettuare pagamenti al Gse che li mettono a “rischio default”.

Per restare in provincia di Reggio Emilia, il comune di San Martino in Rio – poco più di 8mila abitanti – a settembre aveva deciso di accantonare 118mila euro nel bilancio di previsione 2022 in attesa della fattura del Gse relativa agli “extraprofitti” di un impianto da 2 megawatt. Ma quando è arrivato, il conto si è rivelato ben più pesante: 260mila euro. A San Felice sul Panaro, meno di 11mila abitanti in provincia di Modena, è andata pure peggio: la richiesta è di 989mila euro. “È paradossale considerare extraprofitti quelli dei comuni, come se fossero aziende produttrici di energia”, dice Veronica Nicotra, segretario generale dell’Anci. “I proventi dei comuni proprietari degli impianti non sono in alcun modo assimilabili alla nozione di extraprofitto: si tratta di proventi destinati alla collettività e all’erogazione dei servizi ai cittadini, non all’utile o profitto privato”. Un concetto che Nicotra ha messo nero su bianco in una missiva inviata il 21 ottobre a Gse e Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) per chiedere “l’immediata sospensione dell’attuazione della norma, al fine di trovare insieme una soluzione più compatibile nella modalità e nei tempi”.

Le interlocuzioni dell’Anci con altri pezzi della pubblica amministrazione vanno avanti da mesi, con risvolti che sconfinano nel comico. Già prima dell’approvazione del decreto Aiuti bis di agosto, l’Associazione Comuni aveva chiesto al ministero della Transizione ecologica di non applicare la norma agli enti locali, o quantomeno di rinviare la scadenza del 31 ottobre per le fatture in arrivo. I vertici del ministero – ricorda Nicotra – si erano detti d’accordo, tanto che quando è uscito il decreto Aiuti bis, con inclusa una proroga della norma sugli extraprofitti al 30 giugno 2023, all’Anci l’hanno intesa nel senso che fosse stato concesso lo slittamento dei pagamenti, come richiesto. E sul sito aveva pubblicato una nota di parziale soddisfazione. Salvo poi rendersi conto che per il governo quella data aveva tutt’altro significato: gli extraprofitti da restituire non erano più solo quelli dall’1 febbraio al 31 dicembre 2022, ma anche quelli che saranno incamerati l’anno prossimo, appunto fino al 30 giugno 2023.

Per non parlare del cortocircuito che si è venuto a creare, visto che da un lato i comuni vengono “tassati” sugli extraprofitti, dall’altro vengono sostenuti dai contributi statali contro il caro bollette. “Chiediamo al governo la sospensione della misura in attesa di trovare soluzioni compatibili per gli enti nei tempi e nelle modalità, che possano anche prevedere meccanismi di compensazione con gli incentivi futuri degli impianti in produzione, pur ribadendo l’inapplicabilità a nostro avviso della norma agli enti pubblici”, conclude la segretaria dell’Anci.

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