di Alessio Andreoli

Come molti non mi sono voluto perdere la diretta del discorso di Giorgia Meloni alla Camera. Ho voluto ascoltarla perché nell’ultimo mese ha sorpreso molti, me compreso: ha dato sfoggio di grande mimetismo battendo addirittura le note capacità di omocromia del camaleonte. Purtroppo mi devo dar ragione quando scrissi che non riuscivo a darle il beneficio del dubbio e le evidenze del mascheramento ci sono tutte.

I vari richiami figurativi alla nave danneggiata che attraversa la tempesta sono un chiaro riferimento alla difficile condizione in cui molti di noi si trovano sia praticamente che psicologicamente e non possiamo fare a meno di identificarci in questa raffigurazione. È un evidente e raffinato modo per parlare ancora una volta alla pancia delle persone, direi un populismo evoluto, di livello superiore ma più subdolo e manipolatorio.

Anche ricordare i nomi, solo i nomi, di importanti donne della nostra storia è un’evidente manipolazione. Gli amici, le amiche tra di loro si chiamano per nome e questo lascia intendere una complicità (che assolutamente non c’è stata né c’è ora) tra la Meloni e figure femminili come Nilde Iotti.

La vera Meloni si è palesata con la frase “E allora il nostro motto sarà non disturbare chi vuole fare”. In questo motto c’è tutta la filosofia del nuovo governo, per lasciar fare verranno depenalizzati i reati, rafforzata l’immunità parlamentare, protetti gli evasori, camuffati gli appalti, demolito il poco pubblico che è rimasto a favore dei privati, ridotte al lumicino le intercettazioni telefoniche, demolita la legge Severino e chissà quanto altro saprà inventarsi il manipolo di ministri che circonda il Presidente del Consiglio.

Cara Giorgia Meloni, non credo né mi faccio ingannare dalla sua improvvisa apparente trasformazione. Non voglio scomodare gli specialisti ma qualsiasi laureato in psicologia o psicoanalisi sa che a 45 anni non si cambia più: lei è, resta e resterà supponente, prepotente, arrogante e aggressiva (uniche cose giuste che Berlusconi ha detto nella sua carriera politica).

Per concludere: io sono solo un mozzo della nave e continuo a passare lo straccio per pulire il ponte della nostra Amerigo Vespucci, ma non ho nessuna intenzione di lasciare che la sua combriccola di tenenti, sottotenenti, caporali e sergenti continuino a sporcare con i loro stivali sporchi di fango dove io ho appena lucidato e mi batterò perché non vengano calpestati i miei diritti, non mi arrenderò, non indietreggerò e non tradirò le mie speranze di un paese migliore.

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