di Andrea Grigoletto

In questo momento in cui si dibatte molto del volano economico rappresentato dalle Olimpiadi invernali del 2026, c’è da chiedersi: cosa potrebbe realmente aumentare l’attrattiva turistica internazionale di Cortina d’Ampezzo, a beneficio anche della Valle dei Boite e dell’intera montagna veneta?

Non si è, fino ad ora, approfondito un tema che invece merita una riflessione. Cortina (che è un bellissimo, ma sostanzialmente piccolo paese delle Dolomiti) ha ottenuto la co-organizzazione delle olimpiadi invernali del 2026 anche perché è già stata sede della VII edizione dei Giochi nel 1956. Ma cosa rimane, dal punto di vista delle testimonianze materiali, di quelle olimpiadi? Poco, perché furono olimpiadi veramente sostenibili in quanto gran parte degli impianti sportivi erano provvisori e vennero rimossi al termine delle competizioni: basti pensare a quelli per il pattinaggio di velocità sul Lago di Misurina o a quelli per lo sci di fondo nella piana di Campo.

Le uniche strutture permanenti (tuttora esistenti) furono il trampolino per il salto con gli sci a Zuel, lo Stadio olimpico del ghiaccio in centro paese e la pista da bob di Ronco. Per quanto riguarda il trampolino di Zuel, denominato “Italia”, in occasione del collaudo, effettuato da Pierluigi Nervi nel 1955, si scrisse: “È un’opera di alta tecnica, di pregevolissima linea architettonica, incastonato come gemma in una cornice panoramica senza uguali, che si appresta a conquistare di diritto il titolo di più bel trampolino del mondo”. Come pure la pista da bob venne definita “una delle più belle finora costruite al mondo, in uno stato di assoluta perfezione tecnica”, con le tribune per gli spettatori riscaldate dall’Agip con raggi infrarossi, servizi di cronometraggio all’avanguardia e tabelloni per seguire le competizioni (una assoluta novità per l’epoca).

Anche lo Stadio olimpico del ghiaccio (dove furono ospitate le cerimonie di apertura e di chiusura e gli sport sul ghiaccio) presentava caratteristiche di unicità: l’architetto Mario Ghedina, nativo di Cortina, prestò particolare attenzione alla verticalità delle strutture, in modo da realizzare un vero e proprio “teatro tra le montagne”, e ai materiali da costruzione, allo scopo di conferirgli “caratteristiche architettoniche legate all’ambiente e al paesaggio, protetti dalla Sovraintendenza alle Belle Arti”.

Rendere visibili e visitabili queste strutture, che sono anche entrate nella storia del cinema per aver ospitato la saga dell’agente segreto 007, potrebbe creare un sistema di “musei all’aperto” che va ad integrarsi perfettamente con l’impareggiabile scenario naturale delle Dolomiti: storia dello sport, architettura contemporanea e paesaggio alpino in un unico contesto di visita e di fruizione turistica. Questo, necessariamente, passando attraverso il loro restauro architettonico e paesaggistico. Ma cosa propone invece di fare la Regione del Veneto? La Regione prevede la demolizione della pista da bob, la trasformazione del trampolino “Italia” in una improbabile Medal Plaza e, per quanto riguarda lo Stadio olimpico del ghiaccio, rovinato dalla copertura realizzata all’inizio degli anni Duemila, non si è minimamente pensato di riportarlo al meraviglioso aspetto originario.

Relativamente alla pista da bob, poi, ci chiediamo: che ricadute economiche potrà mai avere un impianto sportivo per poche decine di persone che, al contrario, avrà ingentissimi costi di gestione? Se proprio si dovesse decidere che l’Italia ha bisogno di una pista da bob, non è sufficiente quella di Cesana Torinese (costata 110 milioni di euro nel 2006), rifunzionalizzata spendendo molto meno di quanto necessario per la realizzazione di un impianto ex novo?

Ricordiamo come il piccolo villaggio statunitense di Squaw Valley, che ospitò le olimpiadi invernali del 1960, ebbe il coraggio di dire di no alla costruzione della pista da bob, per gli ingentissimi costi di realizzazione e gestione, e quell’anno le medaglie olimpiche in questa disciplina non vennero assegnate.

Articolo Precedente

Vicenza, gruppo immobiliare chiede danni per 3 milioni agli ambientalisti che avevano criticato la lottizzazione. Il giudice gli dà torto

next
Articolo Successivo

Clima, sabato in piazza a Bologna per chiedere un vero sviluppo economico sostenibile

next