In Dylan Dog il numero 200 è un numero particolare. Tra il lineare (poco) e l’onirico, dice molto dell’indagatore dell’incubo: da dove viene il galeone, da dove viene Groucho, il rapporto tra Bloch e Dylan. In un altro contesto onirico quale inequivocabilmente è stata Zemanlandia a Foggia il numero 200 assume toni altrettanto fantastici: il gol numero 200 del periodo zemaniano in Puglia è di 30 anni fa, e porta la firma di Hernan Medford. E’ uno che ce l’ha nel destino i gol importanti Medford; prima ancora, ha nel destino il calcio in un paese non tradizionalmente vocato al pallone: il Costa Rica. Nasce a San Josè nel 1968 e subito si appassiona al calcio. Nel 1985 a neanche 16 anni va in Cina con la sua nazionale under 16 ai Mondiali di categoria, è la prima volta che i Ticos si qualificano per una competizione Fifa, a qualsiasi livello. Medford c’è, e a Dalian segna il primo gol della sua nazionale in una manifestazione ufficiale: è il gol della bandiera, visto che l’Arabia Saudita vince 4 a 1. Risultato da tenere a mente. Intanto Hernan pur giovanissimo è uno dei migliori calciatori de “La Sele” e dal suo club giovanile, il Sagrada Familia, passa al Saprissa, il maggior club del Costa Rica, e diventa stabilmente titolare in nazionale.

Segna nella partita di Panama, nel 1988, che apre la strada ai Ticos per una insperata e storica qualificazione ai Mondiali ed è, assieme a Juan Cayasso, l’elemento di maggior talento di quella nazionale. Una nazionale ovviamente candidata a fare da Cenerentola in un girone con Brasile, Svezia e Scozia, e che veste eccezionalmente maglie bianconere della Juventus perché allenata da Bora Milutinovic, tifoso del Partizan che sogna di vedere una squadra con quei colori ai Mondiali e per questo si fa regalare le divise da Boniperti. Cayasso regala la vittoria nella prima gara contro la Scozia, nella seconda gara Medford non gioca e il Brasile vince, anche se solo per uno a zero. Poi nella gara decisiva contro la Svezia Hernan parte ancora dalla panchina: Ekstrom porta in vantaggio la Svezia e pare finita la favola dei Ticos, ma poi pareggia di testa il capitano Flores. Milutinovic manda dentro Medford, che all’87esimo scatta sul filo del fuorigioco e si ritrova solo contro Ravelli, trafiggendolo e portando la squadra della sua nazionale agli ottavi: un gol storico dunque, ancora.

Da lì per Hernan, come per qualche altro compagno messosi in mostra ai mondiali del 1990, arriva la chiamata per l’Europa: lo prende la Dinamo Zagabria di Suker e Boban, con Hernan che gioca 14 gare segnando 4 gol. La seconda parte di stagione la passa al Rapid Vienna, segnando 5 gol in 14 partite. Poi va in Spagna, al Rayo Vallecano, e anche qui le cose vanno bene: 30 gare e 6 gol, non male per un’ala. Intanto a Foggia serve un restyling a Zemanlandia: Rambaudi, Signori, Shalimov, Baiano, i pezzi pregiati del progetto originale, erano stati venduti alle grandi, e dunque bisognava ripartire. Pavone sceglie proprio Hernan: i suoi ritmi non si conciliano granché con quelli di Zeman, le prove sono opache e le cose più degne di nota sono un coretto dello Zaccheria in cui diventa “Medfò”, un pallone calciato fuori dallo stadio e il gol del 4 ottobre 1992. Già: la squadra di Zeman stenta e lascia presagire che quel gioco miracoloso mostrato negli anni addietro difficilmente potrà rivedersi, e in uno scontro diretto col Brescia di Lucescu al Rigamonti sotto il diluvio arriva una ulteriore prova.

Hagi splende, il Foggia no: l’unica nota positiva è il gol di Hernan, di testa su assist di Dan Petrescu, il numero 200 dell’epopea Zemaniana, il primo di un costaricano in Italia, l’unico in quella gara che finirà 4 a 1 per il Brescia. Resterà anche il suo unico gol in Italia: di lì a poco tornerà in Centro America, al Saprissa prima, poi in Messico tra Pachuca, Leon e Necaxa e infine ancora al Saprissa per chiudere la carriera e diventare allenatore. Il Foggia si salverà anche grazie a chi fu scelto per sostituire Medford: Brian Roy, che di gol ne ha segnato qualcuno in più. E in nazionale Hernan segnerà un altro gol pesantissimo: a Città del Messico nel 2001 segnerà il gol del 2 a 1 contro i padroni di casa, la prima sconfitta interna del Messico nella storia delle qualificazioni ai mondiali. Un gol che serve a portare i Ticos al Mondiale del 2002:il suo secondo col Costa Rica. Non rinnegherà mai l’esperienza italiana, né Zeman, né Foggia: in ogni intervista, anche di recente, ha dichiarato di conservare nel cuore quell’esperienza, e di sicuro la storia di Zemanlandia conserva il ricordo di quel gol. Inutile, ma pur sempre iconico: il numero 200.