Due enti, due presidenti, due uffici a doppio di tutto. Adesso persino due registri, praticamente identici, ma differenti. L’assurda battaglia di potere tra il Coni e Sport e Salute (cioè il governo) prosegue senza tregua, e continua a generare storture che danneggiano il movimento. L’ultima, riguardo la piattaforma dove società e associazioni devono registrarsi per vedersi riconosciuto il loro ruolo: il governo nell’ultima riforma lo ha trasferito al Dipartimento di Palazzo Chigi. Giovanni Malagò per tutta risposta se n’è creato un altro, parallelo a quello governativo, che genererà solo confusione e aggravi per le affiliate.

Sta succedendo quello che tutti temevano al momento del varo della riforma dello sport, voluta dall’ex sottosegretario Giancarlo Giorgetti ai tempi del governo gialloverde. E del resto non era difficile prevederlo: giusto o sbagliato, creare una nuova società governativa in antitesi al Coni senza collaborazione rischiava solo di duplicare tutti i centri di controllo del movimento. La collaborazione non c’è mai stata, inutile stabilire per colpa di chi (certo Malagò non ha mai fatto nulla per cercarla), e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

E’ già accaduto per la società, che Malagò pretende di ricreare dopo aver perso Coni Servizi (è già pronta la nuova Coni Spa) e Palazzo Chigi continua a rispedire al mittente. Ora è la volta del registro nazionale, altro autentico caso diplomatico che si consuma in questi giorni. Si tratta dello strumento istituito anni fa dal Consiglio nazionale del Coni per confermare il riconoscimento dell’attività sportiva alle affiliate: serve essenzialmente a fini fiscali (alle società, per vedersi riconosciuti i vantaggi che lo Stato concede allo sport), ma anche statistici, per tenere un albo aggiornato sul territorio, e persino commerciali (vi confluiscono una serie di dati che possono essere sfruttati anche per iniziative di marketing). Da sempre lo gestiva il Coni (attraverso la sua partecipata informatica ConiNet), anche perché all’ente negli ultimi decenni è stata interamente appaltata la cura del sistema sportiva. La riforma Giorgetti (e il conseguente decreto attuativo varato sotto il ministero di Spadafora), sancendo il ritorno dello Stato nello sport, ha deciso di trasferirlo al governo, in particolare al Dipartimento Sport, per tramite di “Sport e Salute”.

Il passaggio è entrato in vigore lo scorso 31 agosto, ma immediatamente dopo Malagò si è “vendicato“: l’ultima giunta Coni ne ha deliberato un altro, a cui le società devono iscriversi se vogliono adire agli organi di giustizia sportiva, e che sarà utilizzato per altre finalità interne (censimenti, monitoraggi, ecc.). E questo nonostante la legge fosse chiara nello specificare che il registro governativo “sostituisce a tutti gli effetti” quello vecchio del Coni. Insomma, quello nuovo è abusivo e infatti il governo ha scritto una lettera di censura al Foro Italico per ricordarglielo.

Che la mossa di Malagò sia borderline o proprio illegittima, quel che è certo è che l’istituzione di un doppio registro è semplicemente assurda: le società dovrebbero iscriversi a uno per il riconoscimento fiscale e all’altro per quello giudiziario/censuario. Bisognerà istruire due pratiche, gestire due piattaforme. Complicare, invece di semplificare. A distanza di quattro anni dalla riforma i due enti che controllano lo sport italiano continuano a farsi dispetti invece di trovare un equilibrio di convivenza: il governo (non questo, il precedente che ha scritto la riforma) ha tolto al Coni il riconoscimento delle società, che è sempre stata una sua prerogativa, per passarlo alle Federazioni (nel mondo paralimpico però è rimasto al Cip, creando un evidente disallineamento); Malagò invece di accettare che il governo si riappropri legittimamente di una sua prerogativa, si fa un registro tutto suo (un po’ come del resto da mesi tenta di creare una nuova Coni Spa, per riavere una propria società di servizi). Per risolvere i problemi dello sport italiano, il nuovo governo dovrà ripartire da qui.

Twitter: @lVendemiale

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