La qualità dell’aria nelle scuole non cambierà. Nessuno la controllerà. Nessuno proporrà ai dirigenti scolastici degli impianti di ventilazione meccanica o altro. Nessun preside chiederà ad alcun sindaco di fare gli interventi che servono per migliorare la vita in aula. Fatta la Legge, trovato il modo per non realizzarla. Sembra una barzelletta ma è tutto scritto “nero su bianco” e il fattoquotidiano.it ha potuto verificare da provvedimenti, linee guida e risposta delle Regioni, che non solo non sono stati fatti gli impianti, ma saranno inesistenti anche i controlli.

Il decreto di Draghi – Il 26 luglio scorso il premier firma un Decreto (pubblicato in Gazzetta ufficiale il tre agosto scorso) che cita: “Il dirigente scolastico richiede alle autorità competenti (Dipartimenti di prevenzione delle Asl e Arpa) di effettuare le attività preliminari di monitoraggio della qualità dell’aria e di individuazione delle soluzioni più efficaci da adottare in conformità con le presenti linee guida. Sulla base degli esiti della predetta attività il dirigente scolastico richiede all’ente proprietario dell’edificio di attivarsi per porre in essere gli interventi necessari, secondo quanto previsto dalla normativa vigente”.

Il vademecum del Ministero – Prima dell’avvio dell’anno scolastico, a fine agosto, il capo dipartimento del ministero dell’Istruzione, Jacopo Greco, invia a tutti i presidi un vademecum “ai fini della mitigazione degli effetti delle infezioni da Sars-CoV-2 nel sistema educativo di istruzione e di formazione per l’anno scolastico 2022 -2023”. La faq cinque, a pagina sedici, riporta proprio questa domanda: “Quali sono gli adempimenti di competenza del dirigente scolastico a seguito dell’emanazione del Decreto del presidente del consiglio dei ministri 26 luglio 2022 recante le Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione e agli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici?”. La risposta riportata è quella citata sopra facendo riferimento al Dpcm. Peccato che tutto ciò non sarà realizzato perché i dipartimenti di prevenzione delle Asl e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente non faranno alcun monitoraggio se i presidi lo chiederanno: mancano le risorse e le condizioni, a detta loro.

La missiva dei dirigenti lombardi (e non solo) –Il fattoquotidiano.it può citare una missiva del direttore generale di Welfare Regione Lombardia, Giovanni Pavesi e del direttore di Arpa Lombardia, Fabio Carella, inviata il 13 settembre al direttore dell’ufficio scolastico regionale e agli uffici scolastici territoriali (gli ex provveditori) che non lascia spazio a fraintendimenti: “In considerazione della complessa ed impegnativa attuazione delle misure raccomandate dal Governo con il suddetto provvedimento le Regioni nell’ambito del coordinamento interregionale hanno valutato impraticabile l’effettiva applicazione concreta delle linee guida, con riguardo agli aspetti organizzativi che a quelli economici, oltre che a una ravvisata illegittimità giuridica del provvedimento. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ritengono che allo stato attuale non vi siano le condizioni per assicurare il rispetto di quanto previsto dal Dpcm che, in assenza di specifiche risorse e di una apposita programmazione congiunta tra livello centrale ed interregionale, sia di fatto inapplicabile ed insostenibile da parte dei dipartimenti di Prevenzione delle Ats e dall’Arpa”.

Il ministero dell’economia boccia lo stanziamento del ministero della Salute – In altre parole: cari presidi, non chiedeteci di intervenire perché non verremo nelle aule. Una presa di distanza solo della Lombardia? Da quanto si evince dalla lettera no ma la conferma ci arriva dai vertici del ministero della Salute: “La posizione della Lombardia è comune a quella delle altre Regioni ed è stata espressa negli scorsi giorni al ministero per il tramite del coordinamento interregionale prevenzione della Commissione Salute delle Regioni” che nella prossima riunione ha all’ordine del giorno proprio questa questione. Dietro l’opposizione delle Regioni si cela un altro caso circa la questione delle risorse: il ministero della Salute, in accordo con il coordinamento interregionale prevenzione della commissione Salute delle Regioni, aveva previsto e richiesto il potenziamento proprio dei dipartimenti di prevenzione, cellule operative a livello locale del nuovo Smps (Sistema nazionale di prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici) finanziando la spesa complessiva di euro 50.190.000 l’anno da destinare al reclutamento con contratti a tempo indeterminato di due professionisti sanitari ogni 200 mila abitanti, di cui uno con qualifica dirigenziale e uno di categoria “D”, anche in deroga ai vincoli di spesa per il personale stabiliti dalle disposizioni vigenti. Nello schema di Decreto Legge “recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza” all’articolo 23 comma nove era tutto previsto ma non è stato autorizzato dal ministero dell’economia e delle finanze dello stesso Governo Draghi.

La rassegnazione dei presidi – Risultato? Un buco nell’acqua, anzi nell’aria. I primi a rassegnarsi, senza tanto clamore, sono proprio i capi d’istituto: “Diversi colleghi – spiega il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli – hanno già richiesto l’intervento delle Asl o dell’Arpa ma hanno ricevuto dei dinieghi. E’ accaduto in Toscana, Lombardia, Lazio. D’altro canto in Italia manca una norma sulla qualità dell’aria in ogni luogo di lavoro, scuola compresa. Come si può pretendere di fare delle misurazioni senza dei parametri? A questo punto spetterà al nuovo Governo provvedere”. Giannelli d’altro canto definisce questa esigenza espressa nel Dpcm “remota” e chiarisce che è inutile pensare anche a dispositivi portatili nelle aule: “Chi vigila su quei macchinari? Chi fa la manutenzione? Chi cambia i filtri?”. A questo punto i presidi alzano le mani.

Il parere degli esperti – Ad indignarsi è invece Mila Spicola, architetto, membro del comitato nazionale “Idea Scuola” che proprio il 6 settembre scorso aveva scritto, tramite il presidente, una lettera ai presidi “confidando in un sollecito riscontro e nella collaborazione per la corretta gestione delle misure di mitigazione del rischio da Sars-CoV-2 nell’ambito scolastico, al fine di garantire ad alunni e studenti una frequenza in presenza ed in sicurezza” invitandoli “a motivare eventuali ritardi ed inosservanze essendo un adempimento di esclusiva competenza e responsabilità” dei dirigenti.

“E’ chiaro – ci spiega l’esperta – che questo Dpcm è stato scritto da persone che non lo vogliono affrontare il tema della qualità dell’aria a scuola. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si è permesso di dire che la ventilazione meccanica non è risolutiva e di tenere le finestre aperte quando studi internazionali hanno dimostrato che non serve se fatto ad intermittenza. Ma a questo punto io docente, io mamma, io cittadina mi chiedo perché nelle Marche in trecento scuole sono stati realizzati degli interventi per la qualità dell’aria e nel resto del Paese non si fa nulla?”. Spicola non s’arrende: “Rispetto all’anno scorso grazie alla nostra sensibilizzazione qualche passo avanti è stato fatto. Il muro di Berlino abbiamo iniziato a picconarlo: esistono delle linee guida, un Dpcm. Purtroppo sono documenti farlocchi ma non possiamo fermarci qui”. Un tema caro anche a “Cittadinanzattiva” che proprio la scorsa settimana, presentando il ventesimo rapporto sulla sicurezza a scuola tramite la coordinatrice del settore istruzione, Adriana Bizzarri, chiedeva di “verificare che negli interventi del Pnrr in essere siano previste istallazioni di sistemi di aerazione/ventilazione” inoltre sottolineava la necessità di “dotare tutte le aule, di strumenti di misurazione del livello di Co2 poco costosi; mappare il reale fabbisogno a seguito di sopralluoghi per poi prevedere investimenti ad hoc”.

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