Il cortocircuito è questo: i laureati in Musicologia e storia della musica non possono insegnare la loro materia nelle scuole. O meglio, possono farlo solo se posseggono anche una laurea conseguita al conservatorio. Storia della musica è quindi l’unico insegnamento in Italia per cui sono necessarie due titoli di laurea. Un giovane che decide di intraprendere un percorso di studi di cinque anni, approfondendo forme, generi, ritualità, contesti fruitivi, protagonisti e opere illustri della storia della musica, non è considerato dal ministero dell’Istruzione abbastanza preparato per insegnare la sua materia nei licei. Può insegnare storia della musica nei conservatori, che rappresentano un grado di istruzione universitario, ma non negli istituti superiori. Può persino insegnare musica alle scuole medie, dove è prevista una preparazione pratica che non fa parte peculiarmente della loro formazione, ma non può fare lezione di ciò in cui è laureato. Per questo motivo i musicologi esclusi dalle graduatorie scolastiche si tanno organizzando per fare ricorso al Tar (qui la pagina facebook dove poter sostenere il ricorso).

Eppure non è sempre stato così. Fino all’anno scolastico 2018/19, l’accesso alle cattedre di storia della musica era disciplinata dalla Tabella A di un decreto presidenziale del 2016, che dava ai laureati in Musicologia, o ai possessori di titoli equiparati, la possibilità di insegnarla nei licei musicali – al momento la materia è prevista solo in queste scuole secondarie di II grado avviate dalla riforma Gelmini ed entrate a pieno regime nell’anno scolastico 2014/15. L’inserimento dell’obbligatorietà del doppio titolo risale al maggio del 2017, come ci ha spiegato l’avvocato Andrea Cartella, il legale consulente dei ricorrenti: “Fino sino al 2019 i docenti potevano insegnare storia della musica nei licei con la laurea in musicologia e beni musicali mentre oggi ciò gli è impedito a causa di una regoletta introdotta dal Miur in calce all’Allegato E del, purtroppo ormai noto, decreto ministeriale 259/2017”.

Nell’articolo 4 dell’allegato E del D.M. 259 si legge, infatti, che possono concorrere all’insegnamento di storia della musica i soggetti “in possesso della laurea in musicologia e beni musicali (laurea magistrale classe LM-45- o titoli equiparati congiuntamente a diploma di conservatorio)”. “Questo breve inciso, che appare irragionevole”, ci spiega Cartella, “è stato più volte contestato anche per la forma in cui è stato scritto, poiché lascia spazio ad ambiguità nell’interpretazione“.

Anche per tale ragione questo passaggio è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare. Presentata a novembre 2020 da Michele Nitti, deputato ex M5s, poi passato al Gruppo Misto e infine approdato al Pd, l’interrogazione lamentava l’esclusione di alcuni candidati ritenuti idonei dalle graduatorie d’istituto per la classe di concorso A053 – storia della musica – a causa della mancata valutazione del titolo d’accesso. Il documento, facendosi portavoce della Società italiana di musicologia, chiedeva di chiarire questo aspetto e di “tutelare e salvaguardare le specificità curriculari per l’accesso all’insegnamento della storia della musica, mediante il riconoscimento di titoli di studio specifici”. Per questo la Sidm aveva chiesto di rendere la laurea in Musicologia l’unico titolo in grado di dare accesso alla cattedra, specificando che, in caso di risposta negativa, doveva essere almeno garantita la possibilità di concorre con un unico titolo. Una condizione minima che però non è stata recepita dai governi, lasciando così ai singoli uffici scolastici provinciali la possibilità di interpretare come credono l’ambigua formula scritta nell’allegato E.

Tra i motivi principali della rabbia dei musicologi, che hanno lanciato una petizione su change.org per portare luce sul tema, c’è “l’irrazionalità” con cui è stata inserito l’obbligo del doppio titolo. Non c’è stata mai una spiegazione del perché la loro debba essere l’unica classe di concorso ad avere questa particolarità nella selezione. Anche perché il programma ministeriale della materia non è mai stato cambiato, né sono state inserite modifiche di alcun tipo che giustifichino l’esigenza di correggere il curriculum dei docenti. La situazione attuale crea, inoltre, una condizione di iniquità tra chi vorrebbe entrare ora nella scuola e chi, vincendo l’ultimo concorso bandito per la classe A053 nel 2016, ha ottenuto la cattedra a tempo indeterminato con un solo titolo di laurea.

Ma c’è anche una seconda richiesta nella petizione lanciata dal gruppo “Musicologi Italiani“. Questi chiedono che l’insegnamento della materia storia della musica venga introdotta anche negli altri istituti liceali. È una battaglia antica. Già negli anni Sessanta, il musicologo Alberto Mantelli aveva sostenuto l’importanza della storia della musica nella costruzione dell’identità di un Paese e dei suoi cittadini. Analogamente a quanto avviene con la storia dell’arte, disciplina insegnata in tutti i licei, istituti tecnici e professionali.

Inserire lo studio di questa materia nei percorsi formativi degli studenti permetterebbe, secondo il testo della petizione, di garantire a teatri, auditorium, festival ed enti lirici di avere una nuova utenza scolasticamente sensibilizzata e per questo più pronta e interessata a partecipare alla vita musicale italiana. Esattamente come avvenuto per gallerie, musei e centri espositivi, questo comporterebbe l’aumento dei flussi economici del settore, che da decenni versa in condizioni precarie. Nel gennaio del 2019, è stata presentata alla Camera una proposta di legge – n. 1553 del 30/01/2019 – per l’inserimento dell’insegnamento nei programmi liceali, ma l’iter legislativo non è mai partito.

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