“Mi dispiace ma non le possiamo concedere la carta di credito perché mancano i microchip a causa della guerra in Ucraina”. Ecco, ci siamo! Un potenziale futuro problema viene subito utilizzato dal sistema bancario come pretesto per continuare una politica creditizia restrittiva basata sulla bugia e sull’inganno. Iniziano ad arrivarmi segnalazioni di cittadini ed imprenditori che mi chiedono se, di fronte ad una richiesta o rinnovo di una carta di credito, la risposta della banca sia leale e trasparente. Lealtà e trasparenza stanno al sistema bancario come un mafioso al rispetto della legalità: solo una connessione formale, non supportata poi da comportamenti coerenti.

È vero che la crisi dei microchip sta causando pesanti conseguenze ai settori delle automobili, della tecnologia e della telefonia. Le cause sono da rintracciare nelle restrizioni provocate dalla pandemia e, successivamente, dal conflitto tra Russia e Ucraina. La mancanza di materie prime per la produzione di semiconduttori potrebbe (condizionale) mettere in difficoltà anche la produzione anche di bancomat e carte di credito.

In particolare, per quanto riguarda la moneta elettronica, sussiste un problema di offerta inferiore alla domanda. Rispetto a 5 anni fa, i tempi di consegna dei microchip utili per i sistemi di sicurezza bancaria informatica si sono allungati fino a toccare le 52 settimane, contro le 27 del periodo pre-pandemia. Un problema sicuramente a cui stanno già ponendo rimedio: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha approvato il “Chip act“, un investimento tra i 43 e i 45 miliardi di euro per la produzione europea di semiconduttori e il governo italiano ha messo a disposizione delle imprese produttrici di microchip fondi per oltre 700 milioni di euro, in modo da “incentivare la ricerca e l’innovazione sul settore anche in Italia e in Europa”.

Ma il problema, come detto precedentemente, viene “amplificato” ed utilizzato come alibi per non concedere carte di debito o credito e tenere sotto controllo la liquidità ed i rischi delle banche. La concessione di una carta di credito comporta un rischio per la banca perché il titolare acquista oggi e paga tra un mese. Ma se tra un mese non ha i soldi, quel credito potrebbe diventare un Npl (non performing loan). E di questi tempi la probabilità che il rischio creditizio nei confronti di un cittadino o imprenditore possa peggiorare da un giorno all’altro, per la complessiva incertezza economica, è molto elevata.

Non solo, ma mi viene il sospetto, suffragato dai numeri, che le banche potrebbero utilizzare strumentalmente la crisi dei semiconduttori per vendere meno carte di credito etiche e spingere invece sulle carte, più redditizie, non etiche come la carta revolving e la carta Buy now pay later. Infatti, come sostenuto ultimamente su queste colonne, sta aumentando proporzionalmente l’emissione delle carte del secondo tipo. Con la concessione, invece, di una carta di debito il sistema bancario può tenere sotto controllo i livelli di liquidità: se il titolare non ha la carta di debito non può effettuare acquisti e non può prelevare.

Le banche potrebbero “orientare” l’emissione delle carte di debito per gestire la loro crisi di liquidità. In sintesi se la carta non funziona (o ne emetto di meno), tu non puoi prelevare ed i soldi rimangono nelle casse delle banche. Sono stato testimone di “manovre di gestione della liquidità” che con soli 3 giorni di bugie (“al momento il bancomat non funziona…..”) si riusciva a raggiungere i livelli cautelativi di funding di una banca.

Talaltro se solo ci limitassimo a vedere il numero di carte nelle statistiche fornite da Banca d’Italia ci accorgeremmo che dal 2008 (quando scoppia la bolla delle banche) il numero di carte attive è rimasto sostanzialmente lo stesso. La responsabilità non è solo dei semiconduttori.

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