Se la carta di credito revolving è tra i prodotti più venduti dal sistema finanziario (si stimano oltre 3,5 mln di carte attive nel nostro Paese), allora sicuramente il pericolo è dietro l’angolo. Per la verità sarebbe più logico chiamarle carte “revolver” perché si tratta di una vera e propria rivoltella che viene purtroppo puntata alla testa del malcapitato cliente in un macabro meccanismo che assomiglia tanto alla roulette russa.

Il collocamento di massa da parte del sistema bancario (soprattutto per il tramite delle società di credito al consumo) della carta di credito revolving è il risultato di una subdola strategia che ha l’obiettivo di creare bisogni e sostenere i consumi nel cittadino esasperato e impoverito dalla recessione. Con questo fido semplice da ottenere, infatti, si ha la possibilità di pagare in un periodo di tempo molto più lungo ciò che non è possibile acquistare con pagamento in un unica soluzione e nemmeno con regolamento a saldo il mese successivo come avviene con le carte di credito tradizionali.

Pur essendo nata con la finalità di sostenere gli acquisti di beni durevoli, negli ultimi anni la carta di credito (anche revolving) è di fatto sempre più utilizzata presso rivenditori di beni prima necessità (supermercati). La spesa per le esigenze ordinarie di casa si fa praticamente a tassi di interesse pesanti, sostanzialmente usurai che non vengono rilevati dall’indice dei prezzi al consumo.

La Banca d’Italia per il terzo trimestre 2018 rileva per le carte revolving un tasso medio effettivo globale su base annua (taeg) del 16,15% (!), con un tasso soglia usura (ossia, il tasso oltre il quale scatta il reato) del 24,15%, il più alto in assoluto rispetto a tutte le altre tipologie di finanziamento. Quante volte, negli ultimi anni, avete ricevuto via mail offerte di concessione di carte revolving, magari spedite direttamente a casa, dopo che vi era stato negato un prestito personale? Nessuna meraviglia! Perché tra un prestito personale (tasso medio del 10%) e una carta revolving ci sono almeno seicento basis point di differenza tasso!

Come sempre, nelle incongruenze del sistema finanziario italiano c’è la collaborazione (ma forse sarebbe stato meglio dire la collusione) di BankItalia che, negli ultimi anni, ha innalzato la soglia del tasso usura quasi al 25% ed evitato in tal modo di far accusare (e condannare) banche e finanziarie che possono applicare anche prezzi fino a circa il 24%. Come se applicare il 24% piuttosto che il 25% salvasse l’etica e la coscienza di strozzini e truffatori. Ma questa è l’Italia dove il controllore (Bankitalia) è governato dai controllati.

Il meccanismo è semplice: il cliente ha a disposizione una somma di denaro da utilizzare a piacere, in un’unica volta o in più occasioni, che può restituire con comodi rimborsi mensili. Quando la usa la sua disponibilità diminuisce, ma si ripristina automaticamente a ogni rimborso di rata. Ogni rata comprende una quota capitale e una quota interessi. La quota capitale va a ripristinare il credito disponibile ma la quota interessi, per effetto di un perverso meccanismo moltiplicatore mensile (e non annuale), determina una spirale difficile da controllare.

Così il suo credito non si esaurisce e lui puoi contare sempre su una riserva di denaro che è come una droga per chi deve affrontare con difficoltà le ordinarie spese quotidiane. La “ricostituzione” continua del credito disponibile con rimborsi minimi mensili (mediamente tra il 3% e il 5% della linea di credito concessa) e gli eventuali nuovi utilizzi comportano una durata non predeterminata del finanziamento ma la rata non cambia. Non si finisce mai di pagare

I venditori-avvoltoi te la spiegano come se fosse l’affare della vita: avere a disposizione sempre una sorta di “salvadanaio” che si riempie man mano che ripaghi la rata mensile. Quanto sono bravi i bancari a modificare le leggi macroeconomiche: trasformare il credito in risparmio a usura. John Maynard Keynes li perdonerà.

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