La Commissione Europea ha deciso di issare le bandiere europee a mezz’asta di fronte al Berlaymont, l’edificio centrale dove ha sede l’istituzione, il giorno dopo la morte della più longeva regina d’Inghilterra.

Un gesto che di solito l’esecutivo decide di fare per omaggiare la morte di personaggi di spicco, come e’ successo nel caso di David Sassoli, ex presidente del Parlamento europeo deceduto prematuramente lo scorso gennaio, oppure in caso di attentati terroristici che interessano il continente europeo.

Sorge il dubbio dell’opportunità politica di tale gesto: è giusto che un’istituzione democratica mostri deferenza nei confronti di una monarca?

Non è messa in dubbio di certo la figura storica di Elisabetta II, settant’anni di regno e protagonista silenziosa dei cambiamenti di più secoli. La sua morte rimarrà e sarà sempre una data storica, un riferimento epocale che invita a riflettere sui cambiamenti dei nostri giorni e la nostra capacità di adattamento alle continue crisi che il nostro continente vive da più di dieci anni.

Il fascino della sua figura, certamente da omaggiare, non è direttamente collegato al suo ruolo politico di regina ereditaria negli anni Venti del Duemila, in cui si può dire con certezza che la monarchia stessa come istituzione è deceduta prima della morte naturale di Elisabetta.

La monarchia rimane visibile e rilevante solo nei tabloid, nei gossip quotidiani della famiglia reale, inserita nel mondo delle celebrità, dei gusti e della moda. Per il resto – io credo – si va avanti per inerzia.

Lo si è visto nel ruolo silente che ha giocato nel contesto della Brexit, in cui la politica ha spaccato un paese a metà e l’istituzione monarchica è rimasta a guardare quel disastro politico, senza agire per contribuire ad unire il paese.

Per queste ragioni, non è eresia parlare di transizione a un regime repubblicano, soprattutto dopo la morte di Elisabetta. Ciò non significa “uccidere” la monarchia, che come detto prima, è già passata a miglior vita da tempo, ma semplicemente prendere atto di un cambiamento e adattarsi ai tempi, mantenendo la memoria storica di quello che è stato.

Ma nel paese rimangono resistenze rispetto a questi cambiamenti, soprattutto da parte di una certa classe dirigente britannica che fatica a scomparire dalle posizioni di potere.

Allora è giusto chiedersi perché la Commissione europea debba omaggiare una monarca con un gesto politico, che per quanto simbolico, ha un peso. Ha un peso perché l’Unione europea ha una narrativa che tende molto all’affermazione di principi democratici. Il linguaggio della cosiddetta “bolla europea” rimarca continuamente l’importanza della difesa della democrazia e dell’affermazione di certi diritti.

Senza entrare nei dettagli della coerenza reale delle azioni della stessa, è importante riflettere sulla coerenza ideologica: a mio avviso, un’istituzione democratica non può fare un tributo simbolico a una figura politica anacronistica di un paese fuori dall’Ue, per quanto storicamente importante.

Proprio perché in queste occasioni si parla di tributi simbolici a una figura, la forma diventa sostanza.

Ed è dunque importante che ciò che si mostra si muova in una direzione progressista, moderna, al passo con i tempi e non conservatrice. E’ un gesto che ci si poteva aspettare da un’altra istituzione a pochi chilometri dal Berlaymont, il palazzo reale Belga, non di certo dalle istituzioni Ue, che diversamente dalla monarchia britannica, rappresentano il vero futuro del nostro continente.

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