Un grande Bayern Monaco. Una Inter mai cosi piccola da anni. Questo divario gigantesco dice tutto dell’esordio dei nerazzurri in Champions League. Una sconfitta netta, 0-2 in casa, un gol per tempo (Sanè, autorete di D’Ambrosio), mai in partita. Una prestazione pessima, molto più di quanto dica il punteggio tutto sommato accettabile contro una delle migliori squadre d’Europa, tra le favorite per il titolo.

Ciò che resta della serata di San Siro è soprattutto la rassegnazione con cui i nerazzurri si sono consegnati a un avversario comunque fortissimo, ma anche un po’ alle proprie paure e alle scorie del derby, che ha riaperto ferite profonde. Non è bastato escludere Handanovic, insieme a De Vrij e Barella: il tanto invocato Onana se l’è cavata discretamente, due gol incassati senza grosse responsabilità, una decina di buoni interventi all’attivo, un paperone clamoroso graziato dal palo, abbastanza per non far rimpiangere lo sloveno. Ma i problemi dell’Inter non sono certo solo nella scelta del portiere. Se doveva reagire e dare un segnale dopo il derby, la squadra di Inzaghi ha confermato di essersi smarrita. L’Inter che aveva perso ma fatto sempre la partita contro Real Madrid e Barcellona, che era stata eliminata dal Liverpool spaventando però la corazzata di Klopp, non c’è più: stavolta è stata semplicemente surclassata dal Bayern. Da ogni punto di vista, tecnico, fisico e ovviamente psicologico, visto il morale a terra dopo la sconfitta col Milan. Cosa forse ancor più grave, rinnegando la propria identità, rinunciando a giocare, rifugiandosi in una fragile difesa che non ha portato altro che una sconfitta dignitosa per le statistiche.

Del resto che non fosse serata si è capito dall’inizio. Il pressing del Bayern ha tolto ai nerazzurri quelle poche certezze rimaste dopo il derby. Con Brozovic opaco, la manovra interista ha fatto tanta fatica, anche per l’assenza di Handanovic che con tutti i suoi limiti era comunque un riferimento in fase di possesso. La sua sostituzione, oltre a palesi vantaggi, ha pure qualche controindicazione. La costruzione dal basso, marchio di fabbrica di Inzaghi, finisce così in soffitta. Siamo alla vecchia difesa e lancio lunghissimo di Onana, che all’inizio in un paio di occasioni ha pure sorpreso la retroguardia tedesca, creando una potenziale palla gol per Dzeko. Alla lunga non può bastare.

Per un tempo si gioca a una porta sola. E in fondo al Bayern per sbloccare il punteggio non serve neanche troppa fantasia: un lancio innocuo dalla difesa letto male da Dumfries, D’Ambrosio e Onana, tutti a metà del guado, una grande giocata di Sanè. 1-0, un dominio abbastanza imbarazzante fino all’intervallo, partita virtualmente già finita.

L’Inter prova a lasciarsi negli spogliatoi tutti gli errori, le paure. Nella ripresa abbozza un timido tentativo di giocare come sa fare: si rivede qualche uscita palla al piede, i movimenti dei braccetti di difesa, persino un accenno di pressing. Un paio di mischie in mezzo all’area accendono l’entusiasmo di San Siro. Ingiustificato. Dopo un quarto d’ora nerazzurro, alla prima azione il Bayern raddoppia e chiude la partita: la solita combinazione a velocità fotonica degli attaccanti tedeschi su cui tutta la difesa non fa una gran figura, da ultimo D’Ambrosio che cercando di spazzare alla disperata se la butta in porta. A quel punto l’obiettivo massimo diventa solo evitare l’imbarcata, e i nerazzurri almeno riescono a centrarlo. Uno dei pochi meriti della serata. Quando Correa negli ultimi minuti si divora un gol a porta spalancata su un errore in disimpegno avversario, arrivano anche qualche fischio. La Champions dell’Inter non è finita. Certo però è iniziata nel peggiore dei modi.

Twitter: @lVendemiale

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