Dopo Riyad anche Mosca va in soccorso dei conti di Ankara ed apre un solido canale di finanziamento alla vigilia di una campagna elettorale che durerà, per il presidente in carica Receyp Tayip Erdogan, un anno intero. Sono i fondi a mancare in questo momento sul Bosforo, vista l’inflazione galoppante e ormai al 78% e la crisi della lira turca. Abbonda viceversa praticamente tutto il resto: relazioni internazionali con Russia, Cina e Iran; voucher da incassare con la Nato per il via libera all’ingresso di Finlandia e Svezia; gas nel Mar Nero e nella zona economica esclusiva turco-libica (che però “dimentica” la porzione marina al largo di Creta).

La Russia ha concesso alla Turchia il diritto di bonificare almeno 6 miliardi di dollari per i pagamenti del gas in rubli e, al contempo, ha iniziato a investire in lire turche. Secondo la Banca centrale russa, il Russian National Wealth Fund (Wealth Fund) investirà nelle valute di Cina, India e Turchia, nonché in altri paesi. Il fondo da 640 miliardi di dollari è potenzialmente in grado di acquistare titoli di Stato e azioni. Nel suo ultimo paper la Banca centrale russa ha sottolineato che “il Ministero delle finanze russo sta lavorando sugli investimenti nelle valute dei paesi amici (yuan, rupia e lira turca) al fine di creare un meccanismo di regole di bilancio e rinnovare il Fondo nazionale di ricchezza”.

Pochi giorni fa Erdogan è stato ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin a Sochi, con il presidente turco che ha sottolineato: “Il mondo sta osservando il vertice di Sochi”. Ma, oltre al titolo ad effetto, l’incontro a porte chiuse dei due leader ha fruttato parecchi dividendi per Ankara: la cooperazione nei settori economico ed energetico tra i due paesi procederà più spedita che mai sulla scia dell’invasione dell’Ucraina. Il dossier del gas è in cima alle riflessioni degli analisti occidentali, nella consapevolezza che il ruolo crescente della Turchia come hub di energia alternativa, dopo la riduzione dei flussi via Nord Stream 1, è strategico per il futuro. Va ricordato è però che il gasdotto TurkStream non ha una capacità sufficiente per coprire il fabbisogno energetico dell’intera regione; di contro la vicinanza della Turchia a Iran e Azerbaijan potrebbe essere utile per nuove partite di gas e petrolio.

L’annuncio turco di voler estendere l’uso di Mir, un sistema di pagamento russo, rappresenta un segnale abbastanza preciso. Ovvero accumulare riserve di rubli in Turchia che così trarrebbe un vantaggio dal pagamento parziale del gas russo in rubli senza dover convertire gli importi in dollari. Tra le altre cose la Turchia non ha sanzionato la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, provando invece a bilanciare le due parti in guerra: da un lato fornisce all’Ucraina droni e dall’altro spinge per aumentare gli investimenti russi. L’aiuto russo ai conti turchi segue quello attivato dall’Arabia Saudita, che ha promesso ben 20 miliardi di dollari in obbligazioni dopo lo scongelamento delle relazioni diplomatiche tra il presidente turco e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, mentre i contratti di vendite di immobili turchi ad acquirenti stranieri hanno raggiunto un record nello scorso giugno. Il motivo? Una fortissima accelerazione della domanda da parte dei cittadini russi.

@FDepalo

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