È una partita ancora aperta quella del Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale (SQNBA). Restano diversi nodi da sciogliere, sebbene nel testo del decreto interministeriale portato dal governo in Conferenza Stato-Regioni e da cui nascerà l’etichettatura nazionale volontaria, siano state già apportate alcune modifiche rispetto alla proposta originaria, tanto contestata dalle 14 associazioni della coalizione contro le #BugieInEtichetta. Tra queste, Animal Equality, Ciwf, Confconsumatori, Enpa, Essere Animali, Greenpeace, Lav, Legambiente e Wwf, secondo cui il testo, senza alcune cruciali modifiche, “avrebbe favorito gli interessi degli allevamenti industriali a carattere intensivo che lavorano ai limiti di legge” e che, dunque, hanno accolto favorevolmente il cambio di passo. Ma il rischio non è ancora del tutto scongiurato e restano dei dubbi, per esempio sulla corretta interpretazione da dare ai livelli di benessere animale raggiunti dalle aziende, ma anche sul sistema dei controlli che restano “pochi e annunciati”. “Per impedire raggiri ai consumatori e dare risposta a 1,4 milioni di cittadini che hanno chiesto di eliminare le gabbie negli allevamenti – spiegano le associazioni – chiediamo a tutti i partiti, alle formazioni politiche e ai loro leader impegnati in campagna elettorale di far sapere subito ai cittadini, a cui chiedono il voto, se faranno battaglia per un’etichettatura istituzionale volontaria SQNBA che non dica bugie, ad esempio nascondendo l’uso delle gabbie, elemento che invece, per garantire trasparenza, dovrà necessariamente essere presente in etichetta”.

I livelli visibili in etichetta – Le associazioni avevano chiesto più volte, anche durante l’ultimo incontro con il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, la revisione della bozza di decreto con l’introduzione di almeno cinque livelli diversificati, chiaramente visibili in etichetta, per ogni specie e per i diversi metodi di allevamento. Nel decreto attuale è previsto di base l’introduzione di almeno due livelli progressivi e la facoltà da parte del comitato tecnico di aggiungerne altri per ogni specie. Ma cosa significa esattamente? “È necessaria un’interpretazione chiara dei livelli progressivi indicati nel decreto – spiega la coalizione – che devono essere applicati a metodi di allevamento differenti (almeno due nell’allevamento al coperto e due in quello all’aperto), in modo da garantire trasparenza e chiarezza sull’etichetta”. Per le associazioni, insomma, si progredisce all’interno di uno stesso metodo di allevamento, ad esempio o al chiuso o all’aperto. “Il cambio di metodo – spiega Animal Equality a ilfattoquotidiano.it non può essere considerato come passaggio da un livello a un altro. Se il sistema si limitasse a generici due livelli, uno al chiuso e uno all’aperto, sarebbe solo la fotografia terribile attuale, una truffa”. Le ultime modifiche apportate al decreto prevedono, poi, che nei documenti di vendita e nell’etichetta sia indicato il posizionamento sui livelli progressivi di certificazione. Già oggi avviene per le uova etichettate nei quattro livelli da 0 fino a 3.

La definizione di benessere animale – Le associazioni, poi, avevano chiesto che, nella definizione di benessere animale, si tenessero in considerazione bisogni etologici di specie, densità di animali e condizioni di trasporto. “Nel decreto attuale sono state inserite in maniera chiara ed esplicita tutte le nostre richieste in tal senso – spiega l’associazione – in una definizione che include anche il metodo di allevamento e il farmaco veterinario, oltre che la salute degli animali”. E se la coalizione aveva chiesto di poter partecipare al Comitato Tecnico che dovrà redigere e proporre modifiche agli standard per ogni specie, questo non avverrà ma è previsto l’obbligo di consultazione degli stakeholders da parte del comitato.

Cosa manca – I controlli sono rimasti pochi e annunciati. Le associazioni avevano chiesto che l’Ente certificatore fosse obbligato a controlli annuali e sempre senza preavviso. “Rimane solo un controllo ogni tre anni e per di più concordato. Troppo poco – spiega Animal Equality – e, in questo modo, c’è il rischio di una perdita di credibilità di chi si certifica”. Resta da chiarire cosa accadrà in caso di revoca. “Ci auguriamo, ma non è esplicitato, che non possano più accedere al bollino in caso di violazioni accertate”. Mancano, poi, tutti i decreti con gli standard specifici che definiranno le effettive caratteristiche da rispettare, nei diversi metodi di allevamento, per le differenti specie allevate. I decreti per ogni singola specie, come accaduto in altri casi, potranno migliorare la cornice generale definita con il decreto interministeriale oppure stravolgerlo. “Quindi potranno ridare spazio, in negativo, a tutte le bugie in etichetta che abbiamo finora denunciato – commenta Animal Equality – e, per questo, andranno attentamente monitorati e comunicati, prima che siano approvati, per evitare questo pericolo”.

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