Come se nulla fosse i compratori di petrolio russo sono tornati sul mercato. In particolare sfruttando spedizioni verso i porti di Turchia e Italia. È quanto segnala l’agenzia Bloomberg in base ai dati di monitoraggio degli spostamenti di petroliere. Tecnicamente del resto l’embargo europeo sul greggio di Mosca entra in vigore tra quattro mesi. Gli arrivi negli scali italiani e turchi sono saliti ai massimi dell’ultimo periodo nella prima settimana di agosto mentre sono diminuite le spedizione verso i porti del Nord Europa. Va detto che il dato italiano è in qualche misura falsato dalla presenza in Sicilia della raffineria che fa capo alla russa Lukoil. Prima la società madre utilizzava l’impianto per lavorare petrolio di varia provenienza, dopo che le sanzioni ne hanno ridotto l’operatività, spedisce invece sull’isola solo il “suo” petrolio. Le petroliere con greggio russo sono tornate anche in Spagna, con il primo carico consegnato dallo scorso aprile a Bilbao. E una nave carica di “Urals” si è rivista anche in Grecia.

Come ricorda Bloomberg le spedizione via nave di petrolio russo si sono stabilizzate intorno ai 500mila barili al giorno (alle quotazioni odierne un controvalore circa mezzo miliardo di dollari), una quantità non molto diversa da quella precedente all’invasione dell’Ucraina. Nella prima settimana di agosto gli arrivi nei porti del Nord si sono ridotti a circa 300mila barili, compensati però dalla ripresa nel Mediterraneo e verso altre destinazioni. Al Nord il petrolio arriva per lo più in Olanda (240mila), Polonia (50 mila) e Finlandia (3mila barili). Negli scali mediterranei sono invece saliti da 730mila a 810mila. I barili scaricati in Italia sono passati da 410mila a 470mila. Quelli in Turchia da 240 a 270mila. L’Italia è il paese che mostra il più forte incremento degli arrivi da aprile in poi.

In alcuni casi il petrolio non viene ufficialmente registrato come russo grazie a tecniche di “mimetizzazione”. Il greggio può essere prima venduto a filiale estera e poi a operatori occidentali, oppure può essere miscelato con petroli di altra provenienza. Una pratica in cui nei mesi scorsi si sono distinte anche grandi compagnie petrolifere europee come la britannica Shell. Da aprile in poi sono salite le esportazioni verso l’Asia mentre quelle per l’Europa non hanno subito grandi variazioni. Cina e India sono giganti affamatissimi di petrolio russo che viene venduto a prezzi di sconto proprio per le complicazioni legate alle sanzioni e al suo “stigma”. Ad importare greggio di Mosca è stata di recente persino l’Arabia Saudita, primo esportatore di petrolio al mondo. L’Arabia approfitta dei prezzi bassi per del greggio russo per raffinarlo e rivendere sui mercati occidentali i prodotti ottenuti aumentandone i margini di profitto.

Articolo Precedente

Caos cieli, l’australiana Qantas manda anche i top manager a scaricare i bagagli per far fronte alla carenza di personale

next
Articolo Successivo

La Corte dei Conti fa il tagliando al Pnrr: “Obiettivi raggiunti sulla carta ma attuazione lenta per la carenza di personale negli enti locali”

next