Le importazioni italiane di petrolio russo hanno raggiunto in maggio i 450mila barili, il massimo dal 2013 e il quadruplo rispetto allo scorso febbraio. Numeri che fanno del nostro paese il primo acquirente europeo di carichi navali di greggio russo davanti all’Olanda. Lo scrive oggi quotidiano britannico Financial Times citando i dati della società di consulenza Kepler. La gran parte di questo petrolio finisce ad Augusta, in Sicilia. Lì vicino si trova infatti la raffineria Isab che è controllata dal colosso russo Lukoil. Il gruppo non è soggetto direttamente a sanzioni ma non può più ricevere finanziamenti dalle banche europee. Questo fa sì che anche la raffineria siciliana non disponga dei fondi per acquistare sul mercato petrolio di altra provenienza e debba affidarsi esclusivamente alle forniture della società madre, aumentando quindi la quantità di greggio russo che arriva in Italia.

“E’ paradossale, con le sanzioni l’Ue avrebbe voluto penalizzare le importazioni di beni energetici russe ma in questo caso sta ottenendo l’effetto opposto”, sottolinea Alessandro Tripoli, segretario generale di Femca Cisl per le province di Siracusa e Ragusa interpellato dal Financial Times. Già nelle scorse settimane i sindacati avevano lanciato un allarme sulle ricadute occupazionali di un ipotetico embargo al petrolio di Mosca. La raffineria siciliana di Lukoil dà lavoro a un migliaio di persone a cui se aggiungono 2.500 nell’indotto. È la più grande in Italia con una capacità di 16 milioni di tonnellate l’anno. Prima delle sanzioni solo il 30% del petrolio poi raffinato nello stabilimento proveniva dalla Russia, ora il 100%. La raffineria gestisce circa un quinto del petrolio che giunge in Italia ed esporta poi prodotti finali come benzina, gasolio etc, in decine di paesi. È in grado di trattare una cinquantina di qualità di greggio e il 90% dei prodotti ottenuti viene poi rivenduta via nave. Fondata nel 1972, è stata acquisita nel 2008 da Litasco, società svizzera controllata da Lukoil. Gli arrivi di petrolio russo risultano però in forte aumento anche al porto di Trieste che è collegato tramite il gasdotto Transalpine con due raffinerie in Germania che sono in parte di proprietà di Rosneft, altro colosso statale russo.

Cina sempre più affamata di petrolio russo – Ad acquistare sempre più idrocarburi russi è anche la Cina. Lo scorso aprile il valore dell’import è salito a 6 miliardi di dollari, il 75% in più dell’anno prima. Sul dato incide l’incremento delle quotazioni ma anche delle quantità. L’import di gas naturale liquefatto, in base ai dati delle Dogane cinesi, sono salite dell’80% annuo a 463mila tonnellate; quelle di greggio del 4% a 6,55 milioni di tonnellate, con la Russia nella seconda posizione di maggiore fornitore dietro l’Arabia Saudita. La Russia è il terzo produttore di petrolio al mondo dietro a Stati Uniti ed Arabia Saudita. Ogni giorno estrae circa 10 milioni di barili al giorno, un tesoro che alle quotazioni attuali vale circa un miliardo di dollari. Tuttavia, anche a causa delle sanzioni, il greggio russo viene venduto a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, il che lo rende particolarmente attraente per grandi compratori come Cina o India. Ieri si è saputo che Pechino sta trattando con Mosca per acquistare altro petrolio russo a sconto per ricostituire le sue scorte strategiche, elemento che segnala un rafforzamento dei legami della Cina con la Russia.

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