Un giorno a pranzo l’inossidabile (nel senso del fisico) amico giornalista e scrittore Maurizio Pagliassotti mi confida che farà in bicicletta il Colle del Moncenisio, scenderà a Lanslebourg, poi Bonneval e infine risalirà fino al Col de l’Iseran. La mia mente viene proiettata nel passato: quante volte all’inizio della stagione invernale mi sono recato da quelle parti per salire nella neve appena caduta o sul firn? Enne. Ricordo una volta che feci la prima scialpinistica partendo da poco sotto il colle a fine ottobre, e il giorno dopo mi tuffavo in mare a Bergeggi.

È così che mi salta il ghiribizzo di tornarci, ma facendo un giro più lungo e circolare: Torino, Colle del Moncenisio, Col de l’Iseran, Colle del Piccolo San Bernardo, Colle San Carlo, Morgex, Torino. Anche per verificare lo stato di salute degli enne ghiacciai che si vedono sul percorso. Ovviamente il tutto in auto, peccato mortale che alimenterà la mia convinzione di non essere un ambientalista nei fatti. Ed è così che nel giorno in cui l’altro amico meteorologo Renato Murcia posta su Facebook che il 2 agosto ammontano a 55 i giorni con temperature sopra i 30° nel quartiere della Crocetta, partiamo di buon mattino per il suddetto itinerario.

Dal Colle del Moncenisio il primo ghiacciaio che appare all’orizzonte è il grande (ma ridotto rispetto ad anni addietro) lenzuolo dei Glaciers de la Vanoise, all’interno del Parco Nazionale della Vanoise. Un parco dai confini tutt’altro che uniformi visto che è assediato da stazioni sciistiche. Perché qui siamo vicinissimi a uno dei domaine skiable (siamo in Francia…) più estesi al mondo: realizzato lo scorso secolo quando era epoca di vacche grasse. Scendiamo lungo la strada che conduce a Lanslebourg affiancati da un impianto di innevamento artificiale: in pratica d’inverno si scia sull’asfalto. Da Lanslebourg allo splendido borgo di Bonneval, dove la strada termina quando c’è la neve. Ora invece ci si inerpica fino al passo automobilistico più alto d’Europa, il Col de l’Iseran e i suoi 2764 metri sul livello del mare. Lungo il percorso alle spalle, ad est il Glacier du Mulinet, e a sud est il Glacier des Evettes con la cima dell’Albaron che salii sci ai piedi fino in cima e oggi presenta una cima rocciosa. Ma le sorprese più grandi le riserva proprio il Colle: dove andavo a sciare a ottobre restano solo tristi strisce di detriti (vedrò poi che il Glacier des Fours è ridotto a poche centinaia di metri quadrati).

In più mi accorgo che il Colle è stato trasformato non molti anni addietro in una minimale stazione sciistica per sfruttare a fini ludici il vicino Glacier du Grand Pisaillas. Ma il ghiacciaio non esiste praticamente più, ne rimane una malinconica strisciolina. Fra un po’ del Grand Pisaillas se ne potrà celebrare il funerale come in Islanda per l’Okjokull. E la singolarità sta proprio negli impianti, che improvvidamente furono costruiti in funzione dello sci estivo. Destinati a diventare ferraglia come quelli del Sommelier sopra Bardonecchia.

In rete vedo un report di uno scialpinista italiano che il 26 giugno 2006 risalì le piste d’estate: tutto bianco dal colle in cima. Ora il cartello che indica Ski d’eté è persino rotto. La discesa in auto sul tempio dello sci di pista, Val d’Isére (transitando a fianco di un grande bacino per neve programmata) non può esimermi da una sosta per fotografare le brutture poste all’arrivo della gara di Coppa del Mondo: mi sono sempre domandato come fosse possibile autorizzare un simile condominio…

Dopo Val d’Isére, Tignes, altro “tempio” dello sci estivo, questa volta sul Glacier de la Grande Motte: nel 2022 la stagione (si fa per dire) è durata dal 18 al 30 giugno! Fra un po’ lo sci estivo sarà paragonato all’accanimento terapeutico. Risalita al Colle del Piccolo San Bernardo con vista sull’Aiguille des Glaciers. Scendiamo su La Thuile, da cui una veduta del Ghiacciaio del Ruitor, poi ancora salita al Colle San Carlo.

Qui sgambata al Lago d’Arpy, dove la gente si accalca come al supermercato, con la differenza che è in costume da bagno. La vista sul massiccio del Monte Bianco dal lago è davvero potente e sembra di toccare con un dito quelle rocce e quel ghiaccio ormai più grigio che bianco. Il Ghiacciaio di Planpincieux un po’ si squaglia e un po’ scende mollemente verso valle. Si ritorna “nell’aria calda di origine sub-tropicale” (Mercalli docet), cioè ai 35° della pianura e zero termico ben oltre i quattro mila metri. Poche ore prima leggo di una frana sulla via normale al Cervino.

Penso di poter ripetere la celeberrima frase del replicante Roy nel film Blade Runner: “Io ne ho viste cose…”

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