Elena ha appena confermato la sua volontà: è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso”. Lo scrive in un tweet Marco Cappato, annunciando che mercoledì mattina “in Italia andrò ad autodenunciarmi”. Ieri il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni aveva annunciato di trovarsi in Svizzera per dare seguito alla richiesta di aiuto ricevuta da parte di una signora veneta di 69 anni, paziente affetta da una importante patologia oncologica polmonare irreversibile con metastasi, che ha chiesto di essere accompagnata nel Paese elvetico per potere accedere legalmente al suicidio assistito.

Elena – fino a ieri conosciuta con il nome di fantasia “Adelina” per ragioni di privacy – aveva ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare a inizio luglio 2021. Da subito i medici le avevano detto che avrebbe avuto poche possibilità di uscirne, dopo tentativi di cure, le è stato detto che c’erano pochi mesi ancora di sopravvivenza, con una situazione che, via via, sarebbe diventata sempre più pesante. Elena ha affidato a un video le sue ultime parole: “Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola”.

Per Cappato si tratta di una nuova disobbedienza civile, dal momento che la persona accompagnata non era “tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale“, quindi non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia. “Sto accompagnando in Svizzera una signora gravemente malata. Solo lì può ottenere quello che deve essere un suo diritto. Sarà libera di scegliere fino alla fine”, ha dichiarato lunedì Cappato. Mercoledì andrà ad autodenunciarsi alla stazione dei Carabinieri in via Fosse Ardeatine 4 a Milano alle ore 11. Cappato rischia fino a 12 anni di carcere per l’accusa di aiuto al suicidio.

La 69enne veneta non dipendeva da dispositivi di trattamento di sostegno vitale, non assumeva farmaci, salvo antibiotici e antidolorifici secondo necessità. Insieme alla famiglia, che comprende e rispetta la sua volontà, aveva contattato il Numero Bianco dell’Associazione Luca Coscioni per avere maggiori informazioni. Consapevole di non avere sostegni vitali ha preferito andare in Svizzera senza attendere ulteriormente. Un’attesa ulteriore, viene sottolineato, avrebbe potuto, infatti, determinare ulteriori sofferenze e peggioramenti vista la progressione della malattia già in fase avanzata.

“Ho detto a mio marito e alla mia famiglia: sono davanti a un bivio. Posso prendere una strada un po’ più lunga che mi porta all’inferno. E un’altra, più breve, che mi porta in Svizzera. Ho scelto la seconda“, aveva spiegato la donna. “Ho poi detto a mio marito – ha continuato – che se avesse provato a dissuadermi, fra un mese o due, quando mi avrebbe visto sofferente se ne sarebbe pentito”. Cappato sempre ieri ha ricordato che, prima di accedere legalmente al suicidio assistito, “si sottoporrà a delle visite mediche, a dei colloqui di verifica della sua volontà e di eventuale conferma della sua scelta“.

Articolo Precedente

Cannabis, l’ex maresciallo della Guardia di Finanza che la usa contro la sua patologia: “Avevo dolori cronici, sono rinato. Sia legale”

next
Articolo Successivo

Fine vita, l’ultimo messaggio di Elena dalla Svizzera: “Avrei preferito morire nel mio letto, con mia figlia e mio marito, ma non è stato possibile”

next