Sebastian Vettel è uno dei piloti più forti di tutti i tempi. Con il suo ritiro, annunciato a sorpresa con un video su Instagram, la Formula 1 perde prima di tutto un campione. Eppure, il suo addio alle corse alla fine della stagione 2022 lascia fortissima una sensazione di amarezza, quasi di malinconia. Quello che è stato lo sappiamo: Vettel ha vinto 4 titoli mondiali, è terzo nella classifica di tutti i tempi dei Gp vinti, con 53 successi, dietro solo a Lewis Hamilton (103) e Michael Schumacher (91). Eppure resta il rimpianto per quello che poteva essere: dopo i trionfi da predestinato, ha vissuto la seconda metà della sua vita automobilistica da pilota normale. Colpa di una Ferrari forse mai davvero all’altezza per competere con la Mercedes, che alimenta i rimorsi per un rapporto passionale tra Vettel e la Rossa che la pista ha portato pian piano a spegnersi. Lasciando quella sensazione di una carriera incompiuta.

Quando Sebastian Vettel entra nel mondo della Formula 1, ormai 15 anni fa, il suo impatto è devastante. Quel soprannome, predestinato, che oggi viene affibbiato a Charles Leclerc, si adatta molto meglio all’esordio del tedesco nato a Heppenheim. Nel 2007 con la Bmw Sauber diventa il più giovane pilota della Formula 1 ad aver conquistato punti iridati. Nel 2008 a Monza con la Toro Rosso diventa il pilota più giovane a realizzare una pole position, il giorno dopo si concede pure il lusso di vincere la gara. Vettel ha da poco compiuto 21 anni, la Red Bull lo sceglie per aprire il suo ciclo dominante. Alla prima stagione vince 4 gare e già si piazza secondo. Poi diventa semplicemente imprendibile: 2010, 2011, 2012, 2013, quattro anni e quattro titoli.

Si laurea campione la prima volta a 23 anni e 134 giorni: è un altro record. Nella stagione successiva conquista 11 Gran premi, nel 2013 arriva addirittura a 13 successi: anche questo è un primato, a pari merito con Schumacher. Vince il suo quarto titolo con 155 punti di vantaggio sul secondo classificato. È vero: in quegli anni la monoposto firmata da Adrian Newey è nettamente la più prestazionale. La Red Bull comanda indisturbata, ma Vettel è il degno pilota per quella vettura straordinariamente veloce. Tutto cambia nel 2014, quando con l’introduzione dei nuovi V6 turbo, la vettura di riferimento diventa la Mercedes. È l’ultima stagione per il tedesco in Red Bull.

Quando nel 2015 Vettel sale sulla sua prima Ferrari, che chiamerà Eva, deve ancora compiere 28 anni. Ha già 4 titoli nel palmares (meglio di lui solo Fangio e i soliti Hamilton e Schumacher), mentre proprio Hamilton ha appena conquistato il suo secondo titolo. Mercedes contro Ferrari, Hamilton contro Vettel: sembra già apparecchiata la sfida perfetta, quella capace di segnare un’epoca. Invece il duello non si compirà mai del tutto, con l’inglese che si prenderà lo scettro del cannibale. Vettel in rosso si trova perfettamente a suo agio: è diverso da Schumi, molto più italiano. Parla anche in italiano, anzi canta. Un altro tedesco per vincere in Ferrari, sembra solo questione di tempo. Eppure la scuderia di Maranello fatica a colmare il gap con i rivali di Stoccarda: ogni stagione comincia carica di speranze e si compie tra delusioni e rimpianti. Il 2017 è l’anno della grande illusione: Vettel conquista tre vittorie e tre secondi posti nelle prime 6 gare. A 30 anni sembra tutto finalmente pronto per il trionfo in Ferrari, il successo che sublima una carriera straordinaria.

Quel sogno si spegne nelle settimane successive, va in frantumi insieme alla sua Rossa con i due ritiri a Singapore e in Giappone. Soprattutto l’incidente al via a Singapore, un controverso contatto tra Vettel, Kimi Raikkonen e Max Verstappen, diventa il crocevia della sua esperienza a Maranello. La passione con la Rossa si esaurisce fiasco dopo fiasco: è l’inizio di quel declino che rende la sua carriera incompiuta. I mancati trionfi in Ferrari, che lascerà a fine 2020, sono soprattutto da imputare alla monoposto. Anche al campione tedesco però è mancato qualcosa: quello spirito da cannibale capace di piegare gli episodi e il destino, pur di farlo girare dalla sua parte. La stagione 2021, alla guida della Aston Martin, ha svelato ancora di più l’umanità di Vettel, in prima linea per i diritti Lgbtqia+ (anche nel paddock) e contro il razzismo. È un pilota romantico, un campione gentile, a cui è mancata proprio la cattiveria per dare alla sua carriera un altro brivido, dopo quei primi anni straordinari.

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