Alcuni fatti di cronaca, di questi ultimi giorni, e il rapporto Istat meritano la massima attenzione per chiunque ritenga abbia ancora senso parlare di sinistra. Io sono tra questi. In un azienda in provincia di Rieti i lavoratori hanno ”regalato” le loro ferie, circa 400 giorni, ad una collega per consentirle di seguire a casa la drammatica malattia del figlio quattordicenne. Un tempo avremmo chiamato questo ”solidarietà di classe”. L’unità dei lavoratori intorno ai loro interessi , ai loro diritti , è ancora un caposaldo per ogni prospettiva. In ogni azienda , in ogni luogo di lavoro dietro a qualsiasi prestazione c’è un essere umano. Il lavoro non è una merce come tutte le altre. Ogni contratto di lavoro contiene molto di più che l’acquisto di una prestazione. Le moderne tecnologie hanno frantumato la logica dell’unità dei diritti e degli interessi economici dei lavoratori. Bisogna ricostruirla.

Il rapporto Istat ci rimanda dati impressionanti sull’esplosione della povertà anche tra chi un lavoro ce l’ha. Questo stesso rapporto documenta l’estrema utilità del reddito di cittadinanza come strumento di contrasto alla povertà. Stiamo assistendo ad una discussione politica piena di formule e di tatticismi. La sostanza sta invece in queste cose. Quali forze politiche si occuperanno di rappresentare questi interessi e di disegnare soluzioni tenendo insieme modernità e uguaglianza per una sinistra del terzo millennio. Il ”governo” della modernità dandole un segno preciso di direzione nel senso dell’ampliamento dei diritti, dell’accorciamento delle diseguaglianze, di un aumento diffuso del benessere, del controllo delle risorse ambientali, dell’ampliamento dei poteri democratici all’interno dei processi sociali e non solo in quelli politico, resta il compito fondamentale della sinistra.

Dividere e dividersi tra riformisti più attenti alla modernizzazione, allo sviluppo, e radicali più chiusi sulla difesa dei redditi e dei diritti non ha alcun senso. Assisto sorpreso e anche deluso dalla piega che sta prendendo il dibattito politico in Italia su questo terreno. La rivoluzione digitale ormai in corso da almeno due decenni, la profonda interconnessione planetaria con l’insorgere della pandemia e poi la guerra alle porte dell’Europa avrebbero richiesto un salto di qualità elaborativo e di proposta politica da chiunque si senta di sinistra.

Così non è stato. Non dobbiamo meravigliarci se poi alle urne persino per le elezioni dei sindaci si crei il deserto di partecipazione. E’ tempo che si metta mano con assoluta urgenza ad una agenda della sinistra del terzo millennio fatta di proposte chiare, semplici, comprensibili. Poi forse da questo processo potrà sorgere una nuova soggettività politica in grado di far sentire a casa propria giovani precari, anziani con pensioni insufficienti, donne disoccupate, immigrati senza diritti, lavoratori finalmente padroni del proprio destino.

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