La senatrice Alessandra Maiorino ha presentato il disegno di legge numero 2537 a proposito della prostituzione, ovvero eleggendo il modello nordico di criminalizzazione dei clienti che secondo molti ricercatori e tutte le organizzazioni di sex workers in realtà penalizza e criminalizza le sex workers stesse. Il contenuto del disegno di legge viene bene riassunto da attiviste transfemministe che denunciano sovradeterminazione e uso strumentale di riferimenti alle persone trans.

Se solo la senatrice leggesse il libro Prostitute in Rivolta potrebbe conoscere l’esperienza di molte sex workers che sono state penalizzate e criminalizzate dal modello nordico. Non a caso ricordano Jasmine, sex worker prima stigmatizzata da organizzazioni sociali, statali e femministe perché attivista contro la criminalizzazione del sex work: ciò aveva causato la sottrazione dell’affido dei suoi figli affidati invece al marito violento, che poi la uccise. Non solo. Le sex workers patiscono per via della penalizzazione dei clienti perché per lavorare dovranno nascondersi, restare in luoghi marginali e non sicuri, cosa che causa ovviamente più rischi e violenze.

Le sex workers non amano neppure il modello tedesco, con registri identificativi delle lavoratrici schedate e obblighi rispetto ai bordelli. Descrivono come positivo il modello neozelandese che decriminalizza il sex work, permette alle lavoratrici di poter esercitare insieme, senza che ciò venga inteso come sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione (diversamente da sole rischiano di più), permette loro di accedere ad un sistema di servizi sanitari e istituzionali per quelle che vogliono smettere e vogliono avviare percorsi di liberazione individuale.

Un sistema punitivo, pregiudizievole e deciso sulla pelle delle sex workers, senza consultarle, non è mai un buon sistema perché è calato dall’alto della concezione moralista che donne benestanti hanno di una soluzione precaria, come potrebbe essere qualunque altra. Non esiste eguale impegno di abolizionismo nei confronti di badanti o cameriere che lavorano in nero. Non si può mettere nello stesso calderone la lotta contro la tratta e la criminalizzazione del sex work senza affrontare le leggi razziste che limitano gli spostamenti di donne che si affidano a trafficanti per ragioni di necessità. Il sex work è un fenomeno complesso e merita un’attenzione diversa rispetto a quella che dedicano donne dal sapore vittoriano. Consultate le sex workers, lasciate che siano loro a decidere per se stesse.

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