Ritorna, periodicamente, la questione delle autonomie differenziate. Ne scrivevo sempre qui, anche un paio di mesi fa.

È di domenica 13 giugno 2022 la netta presa di posizione del governatore pugliese Michele Emiliano sulla bozza di legge quadro sull’autonomia differenziata. Perentorie le sue parole, dalle colonne del Nuovo Quotidiano di Puglia, “Il criterio della spesa storica porterà sempre e comunque più soldi al Nord e rende impossibile, anche per le regioni virtuose come la Puglia, ridurre il divario”. L’accelerazione del percorso autonomista, impressa da alcuni governatori delle regioni del Nord, sempre secondo Emiliano “sarebbe inaccettabile, se prima non venissero definiti i Livelli Essenziali delle Prestazioni” (Lep).

Il rischio, paventato più volte in questi anni, è quello di consentire una specie di “secessione dei ricchi”, secondo una definizione che richiama il titolo di un libro di Gianfranco Viesti, pubblicato da Laterza nel 2019. La Costituzione prevede che la definizione dei livelli di prestazioni e servizi su temi fondamentali come scuola, sanità, trasporti, sia alla base della riforma federalista, garantendo la fruizione dei servizi da parte di tutti i cittadini italiani, anche nei territori più poveri, con la necessaria intensità di perequazione, per evitare che alcuni cittadini fruiscano di diritti sociali sempre più ridotti rispetto ad altri. Si tratta di un aspetto fondamentale, in un momento critico come quello che stiamo attraversando, in cui i confini tra aree ricche e povere non hanno più soltanto i contorni “tradizionali” del vecchio divario Nord-Sud, ma possono interessare – sempre più – anche aree del Centro-Nord.

Già negli anni scorsi, secondo dati Istat, la spesa statale per i servizi socio-educativi destinati ai bambini pugliesi ammontava a circa un sesto rispetto a quella sostenuta per i coetanei nati in Emilia-Romagna. In Lombardia è circa tripla e in Veneto doppia. Un altro esempio: gli investimenti del Pnrr in ambito trasporti assegnano alla Puglia l’8.09% del totale delle risorse destinate all’acquisto di autobus urbani a emissioni zero. Alla Lombardia, invece, andrà il 17.36%. Il rischio paventato in questi giorni da diversi esponenti politici meridionali è quello di disegnare per l’Italia un futuro sempre più iniquo, in cui i cittadini rischiano di avere sempre di più trattamenti incostituzionalmente diseguali. Il senatore Dario Stefàno, dalla propria pagina Facebook, fa sapere che “ritornare a far valere il principio della spesa storica significa, senza giri di parole, decidere di voler lasciare così com’è l’attuale differenza di servizi che i diversi territori offrono ai cittadini”. Per comprendere bene la differenza tra spesa storica e fabbisogni standard restano illuminanti gli approfondimenti contenuti nei testi di Marco Esposito, “Zero al Sud” e “Fake Sud”.

Di questo segno anche le analisi di Isaia Sales, che su Il Mattino scrive: “La pandemia ha evidenziato i macroscopici limiti del regionalismo italiano, al punto da richiedere una immediata revisione delle competenze attribuite, in particolare in campo sanitario”. Anche se siamo in un momento di apparente rimozione del passato (si spera) pandemico, non dobbiamo dimenticare i limiti e le incongruenze della gestione dell’emergenza. Sales trova alquanto sorprendente che “il governo Draghi riapra la possibilità di concedere alle regioni addirittura maggiori poteri come se nulla fosse successo”. Secondo Sales, siamo piuttosto nel momento di minor consenso per il regionalismo in Italia. Le Regioni, “immaginate come soluzione di storici problemi della nazione, […] hanno invece prodotto una potente accelerazione del divario Nord-Sud”, per una incredibile eterogenesi dei fini.

In aprile 2021, molto tempo prima rispetto al dibattito di questi giorni, l’amministrazione comunale di Martano (Lecce) – guidata dal sindaco Fabio Tarantino, sensibile a queste dinamiche – deliberava con chiara preoccupazione sulle “autonomie differenziate”, subordinandole all’approvazione dei Lep. La delibera fu notificata alla Regione Puglia, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e a tutti i comuni della Provincia di Lecce. Per quanto mi è noto, essa trovò riscontro soltanto nelle attività delle amministrazioni comunali di Galatone e Taurisano, sebbene fosse stata pubblicata anche nella “Rete dei sindaci per il Sud”, sorta per pretendere una giusta ripartizione dei soldi del Recovery Fund. Peraltro, con largo anticipo rispetto alle prese di posizione di questi giorni, nei mesi scorsi, la “Rete culturale Carta di Venosa”, che segue con attenzione e preoccupazione le politiche che in questi ultimi anni hanno contribuito ad acuire il divario Nord/Sud, per tramite del suo portavoce pugliese Valentino Simone, ha inviato formale “sollecitazione” ad assumere una posizione in ordine alle autonomie regionali differenziate, sia ai consiglieri provinciali di Lecce che ai consiglieri regionali e al governatore pugliese, nonché a tutti i parlamentari eletti in Puglia, annunciando che analoga comunicazione sarà inviata, nei prossimi giorni, anche a tutte le parti sociali.

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