Una singolare controversia sta sconvolgendo la vita delle persone che vivono in una delle aree meno ricche degli Stati Uniti. In seguito all’uragano Katrina del 2005, che colpì duramente il delta del Mississippi 17 anni fa, lo Stato della Louisiana aveva garantito ristori per riparare o ricostruire le case danneggiate dalla inondazione. Si trattava di edifici, per lo più unifamiliari, siti in aree tuttora a rischio. Secondo le norme dell’Agenzia Federale per la Gestione delle Emergenze (Federal Emergency Management Agency, Fema) la ristrutturazione degli edifici, in queste condizioni, era condizionata al sollevamento delle costruzioni rispetto alla piana alluvionale. In pratica, le tipiche casette del sogno americano dovevano trasformarsi in una sorta di palafitte.

Poco più di due anni fa, abbiamo pubblicato il primo testo scientifico sul tema del Flood Proofing, le multiformi tecniche – la difesa passiva – che si possono adottare a scala di quartiere, di isolato o di edificio. Il libro Flood Proofing in Urban Areas (Springer, 2019) approfondisce la base teorica e le regole idrauliche per migliorare scelte di progetto finora condotte in base a criteri olistici. La sopraelevazione (vedi Figura 1) è una misura estrema, quando la profondità della lama d’acqua e la sua energia d’impatto non consentono soluzioni a minore impatto sul paesaggio.

È un metodo di mitigazione che, in Europa, non viene generalmente contemplato nei piani di Gestione del Rischio Alluvionale; ma in molte aree del pianeta questa soluzione è un espediente antico e consolidato, comunemente adottato ancora ai nostri giorni (vedi, per esempio, Figura 2). Altri miei studenti svilupparono la tesi magistrale sul tema delle palafitte, applicate alla lanca del Tevere dove avrebbero dovuto costruire lo stadio della Roma.

Nel 2022, la Louisiana ha citato in giudizio circa 3.500 cittadini – una persona su nove tra coloro che hanno ricevuto una sovvenzione – per non aver utilizzato il ristoro in modo conforme. In pratica, hanno ristrutturato o ricostruito senza sollevare dal piano di campagna le loro case danneggiate dagli uragani Katrina e Rita del 2005, tuttora in zona inondabile. Il ristoro di 30mila dollari, che la Louisiana aveva garantito a circa 32mila famiglie a partire dal 2008, era infatti contrattualmente vincolato a questa soluzione, in grado di garantire una maggiore resilienza nei confronti delle future inondazioni. Invero, non era stata fatta abbastanza chiarezza su questo punto: alcuni proprietari di case affermano di essere stati confortati da pubblici funzionari in merito all’uso – flessibile, diremmo noi – dei sussidi concessi a fondo perduto. In pratica, secondo loro, l’assenza di sopraelevazione non avrebbe violato l’accordo alla base della sovvenzione.

Sono molte le famiglie della Louisiana in difficoltà a causa dell’imperiosa richiesta di rifondere il ristoro, in totale 103 milioni di dollari. Al momento la questione è in sospeso, probabilmente destinata ad aprire un contenzioso difficilissimo per entrambe le parti. Nonostante il generale Russel Honoré, che guidò le truppe federali a New Orleans dopo Katrina, abbia definito le azioni legali dello Stato contro i suoi residenti una “farsa”, le istituzioni fanno il loro mestiere. E le banche propongono mutui agevolati ai reprobi affinché possano saldare il debito.

La questione è molto delicata, per via del ceto sociale di gran parte dei soggetti colpiti, abbastanza modesto. Il ristoro dei disastri ambientali si sta rivelando un ulteriore detonatore della divaricazione sociale. Nel 2019, una commissione parlamentare federale, istituita dopo l’uragano Katrina, aveva avvertito il Governo che, così come sono concepiti, gli aiuti sostengono in modo sproporzionato le aree più ricche. I ristori governativi in caso di calamità esacerbano la disuguaglianza, arricchendo le aree ricche e penalizzano le comunità a basso reddito e le minoranze etniche. Come riporta Thomas Frank su Scientific American (E&E News, 7 gennaio 2021) è una questione incredibilmente importante: secondo Dave Kaufman, direttore della sicurezza presso il Center for Naval Analyses “più grande è il disastro, maggiori sono i flussi degli aiuti federali e più crescono le disparità di ricchezza per razza”.

Il ristoro condizionato dal vincolo della palafitta non appartiene alla filosofia della resilienza nostrana. Ma parecchi ristori alluvionali, concessi a soggetti sia pubblici sia privati, hanno comportato la delocalizzazione, finanziata spesso in toto, talvolta in parte. Sarebbe interessante sapere se questo vincolo sia stato davvero rispettato. Ci sono casi in cui il fruitore della sovvenzione ha sì ricostruito correttamente in zona sicura, ma senza abbandonare il sedime a rischio, né renderlo a prato verde? E questo sedime, che prima o poi verrà nuovamente inondato con probabilità uno, è ancora una dimora permanente o temporanea? Il sito accoglie tuttora beni a rischio, buoni per futuri ristori?

Articolo Precedente

I supermercati europei e l’ipocrisia sulla plastica: annunciano iniziative per ridurla, poi fanno pressione contro i cambiamenti e nascondono i dati – Il report

next
Articolo Successivo

Giornata degli oceani | Il 50% delle coste è degradato. Il sondaggio: “Il 93% degli italiani pronto a cambiare abitudini alimentari”

next