A Matteo Renzi la legge Mancino sui crimini d’odio piace: aveva persino proposto (a novembre 2021) di estenderne la tutela “ai reati motivati da omofobia, transfobia e abilismo”. Eppure alle comunali di Verona sostiene un condannato definitivo per aver violato quella “originale”, che punisce l’incitamento all’odio e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi. In pochi lo ricordano, ma Flavio Tosi è stato riconosciuto colpevole di “propaganda di idee fondate sull’odio e sulla superiorità etnica e razziale” per aver promosso, nell’estate 2001, una raccolta di firme per sgombrare un campo nomadi abusivo nel capoluogo scaligero: “Firma anche tu per mandare via gli zingari” e “Via gli zingari da casa nostra” i sobri slogan scelti per l’occasione. Tosi, all’epoca dei fatti consigliere regionale della Lega, era stato querelato da sette nomadi sinti e dall’Opera nazionale nomadi (Onn) assieme ad altre cinque persone, tra cui la sorella Barbara.

La vicenda giudiziaria – Già in primo grado, a dicembre 2004, i sei imputati erano stati condannati a sei mesi anche per incitamento all’odio razziale: secondo la sentenza avevano “diffuso idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico e incitato i pubblici amministratori competenti a commettere atti di discriminazione per motivi razziali ed etnici, e conseguentemente creato un concreto turbamento alla coesistenza pacifica dei vari gruppi etnici”. Il 30 gennaio del 2007 la Corte d’Appello di Venezia aveva ridotto le pene a due mesi, assolvendo gli imputati dall’accusa di odio razziale: condanna poi annullata dalla Cassazione per carenza di motivazione, confermata nell’Appello bis e infine resa definitiva a luglio 2009 (con pena sospesa). A carico degli esponenti leghisti anche un risarcimento danni di 2.500 euro per ognuno dei sinti costituitisi parte civile e di cinquemila euro a favore dell’Opera nazionale nomadi.

La solidarietà di Forza Nuova – Poi l’ex sindaco si è dato una ripulita: espulso da Matteo Salvini nel lontano 2015 (per aver lanciato la propria candidatura a governatore Luca Zaia) ha sposato una linea moderata e centrista, partecipando alla fondazione di Noi con l’Italia insieme ad altri corpuscoli del centrodestra. E ora prova un’altra corsa alla poltrona di primo cittadino, contando sull’antica popolarità (i sondaggi lo danno al terzo posto con il 20% circa). A sostenerlo, oltre a Forza Italia e due liste civiche, c’è anche Italia Viva: Tosi è “il più capace di rappresentare il futuro di Verona”, dice l’ex premier. Eppure, subito dopo essere finito sotto indagine, l’ex leghista incassava la vicinanza di ben altri compagni di viaggio: “Esprimiamo la nostra più sentita e onesta solidarietà al consigliere regionale Flavio Tosi e agli altri militanti della Lega Nord, ingiustamente processati a Verona per aver presuntamente trasgredito la liberticida legge Mancino sulla cosiddetta discriminazione razziale, etnica, religiosa”, dettava un comunicato di Forza Nuova. “Accusa questa senza dubbio faziosa, in quanto è un dato incontrovertibile che le comunità di rom o sinti siano fonte di problemi di convivenza civile e che il nomadismo sia una piaga sociale che spesso si mescola alla criminalità”.

A Genova con la giunta che omaggia Salò – In altri capoluoghi Renzi ha scelto direttamente di accompagnarsi alla destra più estrema. Succede a Genova, dove i candidati di Italia Viva corrono nella lista civica del sindaco uscente, Marco Bucci, in coalizione con Lega e Fratelli d’Italia. Bucci è “una persona di valore” per Renzi, addirittura l’alfiere della “vera sinistra” per la sua referente in Liguria, la deputata Raffaella Paita. Ma anche lo stesso che nel 2018 incaricò un consigliere di Fratelli d’Italia di rappresentare il Comune in fascia tricolore alla commemorazione dei caduti di Salò, gomito a gomito con i neofascisti di Lealtà e Azione. In quell’occasione a tuonare contro di lui era stata proprio la renziana Paita: “Bucci deve superare le ambiguità sue e di chi lo sostiene”. Le ha superate? Non proprio: negli anni successivi la sua giunta ha intitolato un porticciolo a un ufficiale della Xª Mas ed eretto una statua all’aviatore Giorgio Parodi, fondatore della Moto Guzzi, raffigurato con la divisa dell’esercito fascista. Senza contare le innumerevoli politiche di ispirazione securitaria e ultra-conservatrice: multe ai clochard, sanzioni a chi rovista nei cassonetti, un’ordinanza “anti-kebab” per impedire l’apertura di negozi etnici in centro, il rifiuto di riconoscere il patrocinio al gay pride, l’opposizione al riconoscimento anagrafico dei figli di coppie omosessuali.

A Rieti con chi grida “Boia chi molla!” – L’asticella si sposta più in là a Rieti, dove i renziani sponsorizzano direttamente un candidato sindaco di Fratelli d’Italia. Qui infatti gli esponenti di Italia Viva sono schierati nella lista “Rieti al centro” a sostegno del candidato sindaco Daniele Sinibaldi, coordinatore provinciale del partito di Giorgia Meloni e attuale vicesindaco nella giunta di Antonio Cicchetti. E i riferimenti ideologici dei due sono piuttosto chiari. “Dobbiamo andare avanti al grido di battaglia, che è sempre il solito: Boia chi molla!” ha gridato Cicchetti il 6 maggio scorso, durante un’iniziativa elettorale a sostegno di Sinibaldi (video). Per poi giustificarsi: “È un motto, non un reato”. Tre iscritti a Italia Viva – mimetizzati nella lista “Riformisti avanti” – corrono insieme alla Lega anche a Catanzaro, a sostegno di Valerio Donato, il candidato sindaco dal cambio di casacca più sfacciato della storia: tesserato del Pd fino a metà marzo, ha annunciato da un giorno all’altro la propria corsa “civica” subito sostenuta da Carroccio e Forza Italia. In una delle liste che lo sostengono, “Prima l’Italia”, compare un certo Jack Di Maio, già coordinatore regionale di Forza Nuova: Donato ha provato a chiedergli di ritirarsi, ottenendo in risposta una specie di pernacchia (“E se ne accorge solo ora?”).

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