“Effetto Putin” sulle presidenziali francesi? O “Effetto Ucraina”? O né l’uno né l’altro? Un mese fa pareva tutto deciso. Il presidente uscente Emmanuel Macron viaggiava in testa ai sondaggi, sicuro di arrivare in testa al primo turno, domani, e di vincere a mani basse al ballottaggio, domenica 24. La sfidante annunciata, Marine Le Pen, “putiniana doc” nella vulgata comune, pur liberatasi dell’incubo Eric Zemmour, la sua nemesi di estrema destra, non era certa di arrivare al ballottaggio, insidiata dal candidato della sinistra radicale Jean-Luc Mèlenchon, a sua volta indebolito – come tradizione – dalla polverizzazione dei candidati di sinistra. Fuori gioco tutti gli altri: gli esponenti della tradizionale – fino al 2012 – alternanza francese destra-sinistra, la “repubblicana” Valérie Pécresse e la socialista Anne Hidalgo, nonostante un buon passato da sindaco di Parigi, e il verde Yannick Jadot.

La guerra pareva “azzoppare” Marine che – proprio come il suo sodale europeo Matteo Salvini – ha un passato di testimonianze di ammirazione per Putin (e magari anche di dipendenza finanziaria); e “l’anti-atlantista” Mélenchon, che veniva dipinto come una “quinta colonna” dell’autocrate russo. Ma il protrarsi del conflitto, l’inanità degli sforzi di Macron per evitarlo – prima – e per farlo finire presto – poi – hanno un po’ cambiato le cose. E i risultati elettorali di domenica scorsa 3 aprile, quando i “putiniani de noantri” hanno vinto facile in Serbia – e va bene: lì non poteva essere altrimenti – e in Ungheria – dove i magiari non ne hanno mai abbastanza del loro Viktor Orban -, hanno infiltrato il dubbio che l’invasione dell’Ucraina, la paura della guerra, la corsa dell’inflazione e lo spettro della recessione avvantaggino gli “amici del giaguaro”.

In parallelo i sondaggi hanno cominciato a dire che Le Pen insidia Macron al primo turno e che potrebbe anche minacciarlo al ballottaggio, autorizzando il ministro dell’Economia Bruno Le Maire a pronosticare che, con Marine la sovranista all’Eliseo, la Francia avrà “meno sovranità, perché sarebbe alleata di Putin”. E il Rassemblement National ha tirato fuori volantini con la candidata che stringe la mano del presidente russo.

Politico.eu scrive: “Macron ha motivi per sudare freddo”, resta sicuro di andare al ballottaggio, ma non lo è più di vincerlo. E l’ex premier Manuel Valls – sotto la presidenza di François Hollande – scrive su Le Journal de Dimanche: “Manca un minuto alla mezzanotte: Marine Le Pen potrebbe essere eletta presidente”.

Ora, io sarei portato a fare spallucce, pensando che tutto questo allarme nasce dal rischio che, se tutto pare scontato, che tu vinci e gli altri perdono, finisce che i tuoi sostenitori vanno al mare invece di andare a votare – anche se in Francia la stagione non è proprio così avanzata – e tu finisci come Lionel Jospin. Nel 2002, il premier socialista era dato sicuro presidente; invece rimase fuori dal ballottaggio perché la sinistra s’era divisa fra cinque candidati. Così, in finale, si ritrovarono Jacques Chirac, presidente uscente poi confermato, e il Le Pen originale, il padre, Jean-Marie, che prese il 17% al primo turno e il 18% al ballottaggio: la “Francia repubblicana” gli si coalizzò contro (come fece, in modo meno netto, nel 2017 con la figlia).

Nel 2007 e nel 2012 lo schema tradizionale francese, destra repubblicana contro sinistra socialista, fu rispettato: Nicolas Sarkozy batté Segolène Royale e François Hollande, ex marito di Segolène, batté Sarkozy. Nel 2017, lo sfarinamento della sinistra storica e l’erosione della destra repubblicana produce Macron contro Le Pen, 21% al primo turno e quasi 34% al secondo, un elettore su tre. L’effetto “Francia repubblicana” ci fu ancora, ma meno forte. S’è ulteriormente attenuato? Il tabù non è più tabù?

Il sondaggio dei sondaggi di Politico.eu continua a dare Macron in testa con un margine solido, ma vede Marine in risalita da un mese in qua. Nicholas Dungan, analista dell’Atlantic Council, è però rassicurante: “In tempi di guerra, la gente tende a stringersi intoro al leader; e la figura di Macron corrisponde a ciò che i francesi pensano che il loro paese debba fare, agire da Grande Potenza, farsi ascoltare, lavorare per la pace”.

Anche Marisa Borini, mamma di Carla Bruni e suocera dell’ex presidente Sarkozy, è rassicurante, parlando a Un Giorno da Pecora su Rai Radio 1: “Credo che mia figlia Carla e mio genero voteranno Macron”. L’altra figlia, l’attrice e regista Valeria Bruni Tedeschi, “potrebbe invece votare Mélenchon”. Non è però certo che la famiglia della signora Borini interpreti gli umori francesi.

Il Washington Post percepisce “la calma prima della tempesta”: c’è la guerra; a Bruxelles, nessuno s’inquieta del voto; a Parigi, è come se fosse un week-end qualsiasi, senza passione politica. Giusto il clima da calma piatta; o da folata di vento improvviso e grossa sorpresa.

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