Come si sta preparando il nostro Paese agli effetti sul fronte energetico della guerra in Ucraina? Nessuno ha ancora pensato a una cosa semplice: eliminare gli sprechi. Questa campagna de Ilfattoquotidiano.it e Greenpeace punta a dimostrare l’inutilità dell’enorme consumo quotidiano di plastica in Italia. E quindi dei suoi (sempre più alti) costi di produzione. Oltre a quelli ambientali.

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Nell’Italia che non recepisce la direttiva europea sul monouso (SUP) come avrebbe dovuto e per questo rischia una procedura d’infrazione, fa riflettere il caso del Trentino. Ha scatenato la levata di scudi dell’industria la decisione di vietare, da luglio 2022, l’uso di prodotti monouso e imporre particolari accorgimenti per ridurre la produzione di rifiuti in tutti gli eventi pubblici organizzati, finanziati o anche solo patrocinati dalla Provincia di Trento e dagli enti collegati. Al bando, dunque, non solo i prodotti di plastica, ma tutto il monouso con una serie di interventi per favorire l’utilizzo di erogatori alla spina, borracce personali e bottiglie in vetro. Nonostante il territorio stia vivendo un momento complicato per la gestione dei rifiuti. La Provincia autonoma di Trento, infatti, sta affrontando una nuova emergenza dopo che, già nei mesi scorsi, ha dovuto riaprire le discariche di Imer e Monclassico. E, in attesa della decisione che la Giunta dovrà prendere entro la fine dell’anno sull’opportunità di costruire un inceneritore, Trento si avvia ad aggiornare il Piano provinciale, mentre i rifiuti vengono portati agli impianti di Brescia e Bolzano.

La delibera della Provincia di Trento contro il monouso – Eppure, contro la delibera approvata il 3 dicembre 2021 dalla giunta provinciale leghista di Maurizio Fugatti, su proposta del vicepresidente e assessore all’Ambiente Mario Tonina, si è scatenata una valanga di polemiche. Come raccontato dal quotidiano l’Adige, le maggiori imprese della filiera della plastica, della distribuzione automatica e del beverage hanno presentato un ricorso al Tar di Trento, invocando la violazione di sedici articoli della Costituzione, mentre Confindustria Trento ha chiesto alla Provincia di tornare sui suoi passi. Per le aziende si tratta di un “provvedimento abnorme” con cui si è imposto un cambiamento troppo repentino senza coinvolgere i settori industriali interessati, che chiedono un “approccio graduale”.

Cosa c’è nel provvedimento – Da gennaio 2023 le misure scatteranno anche in tutti i servizi di preparazione e distribuzione (automatica e non) di alimenti e bevande degli enti pubblici trentini, oltre a quelli della Provincia autonoma, degli enti strumentali e delle società partecipate. A queste regole ci si dovrà attenere anche per feste, concerti e altri eventi collettivi. In un comunicato stampa diffuso dopo l’approvazione, lo stesso Ente spiegava alcuni esempi di quella che viene definita una ‘rivoluzione’. “Nei punti di ristoro non accessibili al pubblico, ovvero in quelle stanze o angoli degli uffici dove sono installate macchinette per la distribuzione automatica di bevande o alimenti, non verrà più venduta l’acqua in bottiglia” spiega l’Ente, aggiungendo che “al suo posto verranno collocati erogatori di acqua microfiltrata, per il riempimento di borracce o bottiglie”. Anche l’erogazione del bicchiere monouso sarà disincentivata, privilegiando l’uso di bicchieri o tazze personali. Chi, nonostante tutto, volesse ricorrere al bicchiere dovrà pagare un costo aggiuntivo di almeno 50 centesimi. Anche nelle strutture sanitarie, nelle stazioni ferroviarie e in altri luoghi accessibili al pubblico, la vendita di prodotti monouso sarà contrastata: “In qualche caso sarà consentita la vendita di prodotti in bottiglie di vetro con vuoto a rendere, in altri l’installazione di fontanelle per l’erogazione di acqua di rete o di ‘case dell’acqua’ con erogazione di acqua filtrata”. E per la pausa caffè “i distributori dovranno essere dotati di macinacaffè incorporato, per eliminare quindi cialde o capsule”.

Il nodo bioplastiche – Per quanto riguarda gli eventi sostenuti dalla Provincia, la principale novità riguarderà l’eliminazione di piatti, bicchieri e posate monouso in favore dei prodotti lavabili, reperibili attraverso i servizi di consegna e ritiro già oggi presenti sul mercato locale. La delibera cita e prende alla lettera la direttiva SUP (più di quanto abbia fatto il governo Draghi con il recepimento), scegliendo di non ricorrere alla mera sostituzione di prodotti monouso in plastica con analoghi prodotti monouso realizzati con materiali alternativi, come le bioplastiche “fatta prescindendo dal contesto e da valutazioni sugli impatti legati all’intero ciclo di vita dei materiali con i quali sono realizzati i prodotti”. Di fatto, “a parità di costi economici e senza aggravi organizzativi – spiega la Provincia – questo permetterà una riduzione di circa l’85% dei rifiuti prodotti dagli eventi”, in un contesto nel quale le bioplastiche, incompatibili coi cicli produttivi degli impianti di compostaggio industriale, oggi vengono smaltite fuori provincia come rifiuto speciale al costo di circa 160 euro a tonnellata.

Il ricorso al Tar – A presentare ricorso al Tar, racconta l’Adige, sono Federazione Gomma Plastica, Flo spa, che produce stoviglie in plastica monouso e bicchieri, Isap Packaging spa, che produce stoviglie monouso e packaging, Confida per la distribuzione automatica, Aesse Service srl di Lavis che, in Trentino, conta 2.500 distributori di alimenti e bevande installati, UnionFood, Mineracqua, Assobibe e Sanpellegrino spa. Per queste aziende la delibera è illegittima e lede “specifiche competenze” non solo del legislatore nazionale, ma anche di quello comunitario. Il riferimento è anche alla direttiva sul monouso. E nella SUP il problema, in effetti, era ben previsto. Ma proprio per questo si riteneva prioritaria l’elaborazione tempestiva di una “norma armonizzata” per garantire l’attuazione efficace della stessa direttiva. E si spiegava nel 2019, quindi circa tre anni fa, come fosse opportuno prevedere tempo sufficiente per elaborare questa norma e per permettere ai produttori di adattare le rispettive catene di produzione al requisito di progettazione del prodotto. Solo che nel frattempo, in questi tre anni, nessuno ha pensato bene di prepararsi.

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