Ha negato di aver ricevuto denaro da Silvio Berlusconi e spiegato che quando la storia con Ruby, all’anagrafe Karima El Mahroug, finì lei chiuse una buona uscita e i soldi per il mantenimento della figlia nata dall’unione. Luca Risso, imputato nel processo Ruby per corruzione in atti giudiziari, è accusato di aver riciclato parte dei soldi che l’ex premier avrebbe fatto avere alla giovane marocchina come presunta corruzione in atti giudiziari (tra i 5 e i 7 milioni di euro per la giovane, secondo i pm). Parte di quel denaro del Cavaliere, secondo i pm, sarebbe servito per l’acquisto di un ristorante con annesso pastificio e due edifici con mini-alloggi per operatori del settore turistico a Playa del Carmen in Messico. “Per prima cosa voglio negare in modo più assoluto i fatti contestati, io non ho mai ricevuto soldi né dal dottor Berlusconi né da Karima, nella mia relazione di tre anni con Karima ho provveduto io a mantenerla, anche se lei ha avuto buone entrate dalla sua attività”. La donna, secondo il racconto di Risso ai giudici del Tribunale di Milano, inizialmente fu coinvolta anche lei ma poi la loro relazione finì.

“Tutte le disponibilità economiche che avevo – ha chiarito Risso spiegando quegli investimenti in Messico – le ho guadagnate nella mia attività coi locali sulla riviera ligure, siamo stati il top della riviera per 7 anni almeno”. Locali come il Fellini e l’Albikokka. Il “mio trasferimento in Messico nel 2013”, stando alle dichiarazioni di Risso che si è anche commosso, è avvenuto “coi soldi della mia attività che ho svolto a Genova e nella riviera ligure, ho deciso di trasferirmi nell’ottobre 2013 perché c’era stato tutto il clamore dovuto a questo caso e io ho sempre lavorato sulla mia immagine e quindi tutto ciò che era successo non mi permetteva più di seguire le mie attività”. Nel “giugno 2013 sono stato là con lei”, ha detto ancora riferendosi a Ruby e al Messico, “perché inizialmente il progetto che io avevo era familiare, subito dopo abbiamo formato una società io, Karima, una ragazza messicana che ci serviva per le licenze e uno chef italiano e in ottobre io mi sono trasferito da solo in Messico e la nostra relazione era già abbastanza compromessa”. Il ristorante e il pastificio hanno aperto a fine 2013. “Sono sempre stato – ha concluso – un visionario io e ho capito che poteva avere un buon impatto, con Ruby era finita, non era più quello che volevo ed è diventato solo un mio progetto”.

Karima El Mahroug “mi ha chiesto una buonuscita da 160mila euro, 100mila euro per lei subito e 60mila euro per la bambina, ossia 500 euro al mese per 10 anni. Quando sono tornato in Italia nel 2013 ho avuto una discussione con lei – ha raccontato – e nel marzo del 2014 è venuta lei a Playa per un tentativo di riappacificarci, ma non eravamo più compatibili, pensava che avessi un’altra relazione e ha iniziato a dare in escandescenza, a spaccare un vaso e altre cose e i vicini hanno chiamato la polizia e io ero esausto per queste scene”. Dunque, “le ho detto troviamo un accordo e lei mi ha chiesto una buonuscita e un pezzo di carta firmato, che è quello che è stato trovato a Ruby”. In questa fase delle dichiarazioni Risso si è commosso parlando di un “periodo complicato” anche dal punto di vista economico per aprire le nuove attività in Messico (“ho venduto i quattro rolex che avevo”). E ha chiesto a Ruby “la cessione delle sue quote, era parte dell’accordo e a fine 2014 ho inaugurato il mio locale”.

Nelle dichiarazioni ha anche parlato di fatti già noti come i soldi che ha avuto da Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega, sempre in relazione ad investimenti in un locale ligure. E ha sostenuto che una lettera, agli atti dell’inchiesta, rivolta a Silvio Berlusconi “in realtà è stata scritta da mio padre ed è frutto di una ricostruzione fantasiosa, di evidenti imprecisioni e incongruenze“. Oggi ha testimoniato pure il socio nei locali messicani di Risso, il quale ha detto che “tra i soci della nostra società non c’è Karima” e che “nel periodo dell’apertura del ristorante e del laboratorio le nostre condizioni economiche erano complicate”. Si torna in aula il 18 maggio per la requisitoria (che proseguirà il 25 maggio), poi le difese tra fine giugno, luglio e settembre.

“È un processo con delle contestazioni articolate e delicate, ma noi riteniamo che ci siano tutti gli elementi per uscire da questo processo con una sentenza come quella di Siena, ossia un’assoluzione con la formula più ampia possibile. Punto e basta” ha spiegato, al termine dell’udienza odierna sul caso Ruby ter, il legale di Silvio Berlusconi, l’avvocato Federico Cecconi, parlando coi cronisti e ribadendo che è “fiducioso” e convinto che l’ex premier sarà assolto nel merito a Milano, come è già accaduto in un filone processuale a Siena. Anche dal dibattimento milanese che si è concluso oggi dopo 5 anni (niente più testi ma requisitoria dei pm il 18 maggio) la difesa è convinta che sia emersa la generosità di Berlusconi, che ha versato i soldi alle ‘ex olgettine’, ospiti delle serate ad Arcore, come “liberalità” e non per comprare il loro silenzio o reticenza, come sostiene l’accusa. Soldi che Berlusconi ha versato alle giovane come ad altri nel tempo “piuttosto per rapporti di amicizia e di affetto con le varie persone coinvolte.

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