Nei prossimi giorni Gazprom determinerà “gli aspetti tecnici e logistici del pagamento del gas in rubli“. Parola del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, secondo quanto riporta il sito del Kommersant. Nel frattempo il capo della commissione per l’energia della Duma, Pavel Zavalny, ha fatto sapere che Mosca potrebbe accettare versamenti in Bitcoin, mentre Paesi “amici” come Cina e Turchia potranno essere autorizzati a pagare nelle loro valute locali. Gli economisti però si interrogano sulla ratio della mossa di Putin, visto che alle compagnie russe che ricevono pagamenti in euro o dollari è già stato imposto di cambiare l’80% in rubli. Dunque l’aut aut posto agli importatori occidentali – che si scontra peraltro con il contenuto dei contratti – avrebbe nel medio periodo un impatto abbastanza limitato sulla valuta russa.

Secondo l’economista Marcello Messori, docente alla Luiss, la richiesta “potrebbe essere da parte sua un atto dimostrativo per fare emergere in modo ancora più eclatante che l’Ue dipende dalle forniture russe. Il pagamento in rubli, se prendiamo in considerazione questa ipotesi, potrebbe essere un modo per ‘umiliare‘ in un certo qual modo l’Europa”. Ma non si può neanche escludere che non sia solo un atto dimostrativo e che Putin voglia “creare un casus belli per fare in modo che gli europei, rifiutando di pagare il gas in rubli, decidano loro di interrompere le forniture di gas dalla Russia”.

Dal punto di vista strettamente economico, spiega Messori, “questa richiesta della Russia appare come un sostegno al tasso di cambio del rublo rispetto alle divise forti come dollaro ed euro ma in realtà non ha effetti diversi rispetto al pagamento in euro e dollari che veniva fatto finora. L’unica differenza è che comporta una conversione obbligatoria di questi euro o dollari in rubli. Prima Gazprom, ad esempio, riceveva in cambio del gas che esportava verso l’Europa pagamenti in euro o in dollari e poi doveva cambiare l’80% in rubli. Ora si tratterebbe, interpretando la decisione, del 100%. L’effetto economico non è molto diverso rispetto al fatto che gli acquirenti europei cambino loro gli euro o i dollari in rubli tramite la banca centrale russa o tramite le due banche russe ancora autorizzate ad operare”.

La decisione del presidente della Federazione russa, invece, potrebbe rappresentare “un atto dimostrativo” di Putin “per fare emergere in modo ancora più eclatante la dipendenza Ue dalle forniture di gas russo” ma anche “un atto dimostrativo del presidente russo per dimostrare che non ha bisogno di divisa forte: non ho bisogno di esportare per avere i vostri euro o i vostri dollari. Un ragionamento che è vero e non è vero insieme perché se gli importatori europei devono convertire in rubli i loro pagamenti gli euro o i dollari arriverebbero comunque al sistema bancario russo”. Comunque, sottolinea Messori, “da economista questa decisione lascia sgomento anche perché si tratta di una violazione contrattuale. Ogni contratto internazionale, soprattutto per quelli a medio-lungo termine, specifica la divisa internazionale che viene utilizzata per il pagamento. Pertanto questa iniziativa unilaterale di cambiare moneta significa legalmente rigettare il contratto”. E quindi, si interroga l’economista, “perché rischiare un contenzioso del genere? Il rischio è che voglia creare un casus belli. Se gli europei rifiuteranno di pagare in rubli allora il contratto non avrà più validità e si rischia uno stop alle forniture di gas. E questa sarebbe un’escalation veramente pesante dal punto di vista economico. Con l’interruzione totale delle forniture di gas e di petrolio per l’Europa ci sarebbe il rischio di andare in recessione“.

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