Gli stessi russi ai quali oggi sequestriamo ville e patrimoni, non proprio loro ma un po’ tutti quelli di livello sociale medio-alto, sono da anni tra i clienti più corteggiati in tutte le nostre varie località turistiche vetrina, anche sulle montagne, da Cortina d’Ampezzo e Courmayeur. Cervinia li contendeva a Zermatt, Madonna di Campiglio alla val Gardena e così via. Erano stati protagonisti di un’ondata straordinaria tra anni Novanta e 2008, poi erano un po’ spariti, e adesso stavano tornando in pista. Lo si notava di recente anche solo ascoltando gli ultimi piagnistei mediatici dei responsabili degli impianti e del turismo locali, alla vigilia dell’entrata in vigore del green pass rafforzato, e prima ancora perché non potevano venire accettati i vaccinati con lo Sputnik V o il CoviVac, ovvero le punturine antidoto al Covid made in Russia.

Diciamo pure la verità: degli arricchiti russi piacevano soprattutto le grandi mazzette di euro in contanti e la generosità nelle mance: perciò sul resto, a partire dalle leggendarie ‘ebbrezze’ sugli sci o dallo Stato in cui alcuni lasciavano le camere, si poteva transigere. Che fossero i bombardini e il Sassicaia al rifugio, l’attrezzatura a noleggio, le lezioni di sci o le suite hollywoodiane costruite per loro, giravano soldi in nero, tanti, benedetti e subito. Nessuno si permetteva certo di chiedere se amavano o meno il loro nuovo zar Putin, mica come oggi che si pretende persino dall’ultimo ballerino di fila, se d’origine moscovita, l’abiura pubblica di ‘Put-ler’, come sui cartelli che lo raffigurano con il baffetto hitleriano.

La Lombardia, da ‘Como Lake’ a Milano, dopo l’Expo ormai considerava addirittura quello dei turisti russi ‘un mercato strategico’. I russi, si fa per dire: solo i più facoltosi, già totalmente sedotti dalla Riccanza, quelli a cui fa un baffo la predica della ‘Domenica del perdono’ del patriarca di Mosca e di tutte le Russie, l’apocalittico Kirill, contro “l’impero del consumo eccessivo e della ‘libertà’ visibile”. Ci piacciono tanto i russi danarosi che anche al Pope fanno giusto delle belle “Eastern Promises” – promesse dell’est, come recitava il titolo di un grande noir di Cronenberg, o del marinaio, come diciamo noi – quando invoca “un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”.

Non ci voleva tutta questa gran sensibilità per avvertire che il destino di questo tipo di turismo eccessivo era segnato, anche solo per un fatto ecologico, in senso lato e proprio. Ma che questo sistema potesse saltare per aria, così, all’improvviso, con una sorta di quasi guerra mondiale che trascina nella crisi prima di tutto il turismo, e quello di lusso in particolare, era francamente impensabile. E non si ripeterà mai a sufficienza quanto questo clima generale di consenso al riarmo, persino della altrimenti occhiuta Germania e del suo codazzo di Paesi frugali, genererà un disastro ambientale senza precedenti: non solo distrae grandi risorse che si potrebbero investire ben altrimenti, ma contribuisce a un clamoroso rilancio dell’industria bellica, che è al primo posto tra le attività più inquinanti del pianeta, davanti anche al settore petrolifero, a prescindere dalle tragedie e dai disastri che ogni anche minimo impiego di armamenti porta con sé.

E non è che il mercato globale delle armi avesse bisogno dell’immissione anche del 2 per cento del Pil tedesco, prospera già grandemente da anni in modo sempre più competitivo e complesso. La Russia, che storicamente è il secondo esportatore mondiale di armamenti, dopo gli Stati Uniti, ha alcune partnership singolari nel ramo: l’Iran dipende dalle armi di Putin al 100%, l’Algeria all’80%, la Cina al 74% e via elencando soprattutto, guarda caso, tra i 35 Paesi che si sono astenuti sulla risoluzione Onu di condanna all’invasione dell’Ucraina (e che quasi tutti concordano con il patriarca Kirill nell’idea santa di non farsi imporre mai e poi mai un gay-pride). Ora invece di provare fermare questa macchina infernale del potere e della morte, siamo i primi ad alimentarla ancora. Era decisamente meglio continuare a pensare ai bagagli dei russi, e lasciar stare le armi.

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