Televisione

Serena Bortone si racconta a FQMagazine: “Donne, quando siamo tante e unite è il senso di squadra che vince. Il femminismo è una pratica quotidiana…”

Quando è arrivata su RaiUno, in molti dicevano 'Bortone non durerà'. 8 marzo 2022. Oggi è un altro giorno ora sta intorno al 15%, e pochi giorni fa (venerdì 4 marzo) è arrivato al 17%, sempre dovendo fare i conti con il solito competitor, Maria La Saguinaria De Filippi. Serena Bortone racconta questo successo senza gongolare per gli scettici caduti ("ma non perché sono buona"), cita Tolstoj e Blow Up, parla di tv senza far finta che la share non conti e confessa che cos'è l'amore

di Claudia Rossi

Serena Bortone arriva su RaiUno nel 2020. Il pubblico dell’ammiraglia Rai che poco la conosce nonostante la lunga gavetta da ‘giornalista pura’, se la ritrova in quella temibile fascia oraria che va dalle 14 alle 15:55. La conduttrice arriva da RaiTre, da Agorà: informazione. Sulla prima rete guida Oggi è un altro Giorno. Missione: infotainment. Anzi, diciamola in italiano: informazione e intrattenimento. Mica facile, anzi. Chi lo fa, di solito fallisce nell’una o nell’altra parte. Primi mesi complicati. In molti dicono ‘Bortone non durerà‘. La prima stagione chiude con ascolti in media rispetto al programma in onda nella stagione precedente, Vieni da me.

8 marzo 2022. Oggi è un altro Giorno ora sta intorno al 15%, e pochi giorni fa (venerdì 4 marzo) è arrivato al 17%, sempre dovendo fare i conti con il solito competitor, Maria La Saguinaria De Filippi. Bortone racconta questo successo senza gongolare per gli scettici caduti (“ma non perché sono buona“), cita Tolstoj e Blow Up, parla di tv senza far finta che la share non conti e confessa che cos’è l’amor, forse un indirizzo sul comò di un posto d’oltremare che è lontano solo prima d’arrivare. Una telefonata che si apre con un saluto energico, un eloquio che la dice lunga su come la conduttrice sia riuscita a mettere insieme spettacolo e informazione.

Bortone, molti pensavano che Oggi è un altro Giorno avrebbe chiuso i battenti causa ascolti dei primi mesi di messa in onda. Ora che viaggiate sul 15% di share, lei sta come quella sul bordo del fiume che aspetta i cadeveri passare?
Onestamente no. Ma non perché io sia buona o voglia passare per buona. Ma perché ognuno è libero di dare giudizi, e questo vale ovviamente anche per chi di mestiere fa il critico Tv. E poi anch’io avevo dubbi. Non ho mai pensato ‘adesso arrivo su Raiuno e faccio il 15%’, anche perché sapevo che il più alto share prima di me era il 12,5%. Share che comunque abbiamo centrato come media della nostra prima stagione.

È una delle fasce più difficili di RaiUno.
Sì. Poi certo, penso che nella vita sia utile non avere mai pregiudizi e lo dico a me stessa per prima. Il pregiudizio ti conduce sulla via dell’errore.

Avete aggiustato la rotta nel cammino: il programma che vediamo oggi poco ha a che vedere con l’incertezza della prima stagione.
Abbiamo sperimentato come è normale in un format nuovo e originale, prodotto internamente in azienda, ma fin dall’inizio abbiamo capito che l’ascolto si andava via via consolidando. Abbiamo cominciato che eravamo al 10, dopo due settimane all’11. E così via. Vedevamo che il pubblico aumentava: lo scorso giugno l’ultima puntata ha fatto il 16,40 di share. Abbiamo capito che c’era un mare dove potevamo navigare.

Ora la formula funziona.
Sì, e questo la dice lunga anche su una certa pigrizia per cui si pensa a consegnare sempre le stesse cose a un pubblico considerato “vecchio”. Noi abbiamo cercato di aprire anche a chi in quel momento del giorno non guardava la televisione. La platea televisiva non è fissa. Il pubblico aveva voglia di essere incuriosito, di avere informazione e spettacolo. Calore e notizie, musica e cultura.

Lo scorso 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, avete rovesciato la scaletta e siete partiti con una lunga parte di informazione. Share 15,5%. Il pubblico si fida di lei anche quando si parla di hard news per via della sua formazione giornalistica?
Io ho una grossa fetta di autori che mi hanno seguito da Rai3 a Rai1, che vengono da Agorà. Abbiamo riconvertito subito anche i redattori che lavoravano esclusivamente sul costume. E dal pomeriggio di quel giorno ci siamo confrontati: ‘questa è una tragedia enorme, dobbiamo continuare a occuparcene, il pubblico vuole sapere, vuole approfondire‘. Abbiamo capito che si trattava di uno “switch”. Il pubblico siamo noi: se noi siamo colpiti da qualcosa che ci ferisce, che ci fa male, che ci lascia anche attoniti, come una guerra nel cuore dell’Europa, per il pubblico vale lo stesso. Certo, aiuta avere una formazione politico-economica e storica, che continuo ad nutrire per mio interesse personale e professionale.

Il faro è la notizia.
Sì, sempre. Lo abbiamo fatto con il covid, con le elezioni del presidente della repubblica, lo facciamo con la guerra. Mi faccia dire che noi abbiamo informato sulla crisi in Ucraina ben prima dalla invasione russa. Ho pensato che come servizio pubblico dovevamo seguire l’evolversi degli eventi, anche “rischiando” in termini di ascolto. Il senso della notizia aiuta sempre, sia che tu intervisti Iva Zanicchi, un generale, un ministro o uno scrittore. Per me essere giornalisti vuol dire innanzitutto essere curiosi e mai cinici. Come diceva Kapuściński: “il cinico non è adatto a questo mestiere”.

Il pubblico pensa probabilmente il contrario per quel che riguarda i giornalismo.
Eppure è così, bisogna sviluppare empatia. Per me vale nella vita e, a maggior ragione, nel nostro mestiere. Quando intervisto un vip e quando informo sulla guerra. Devi dare un valore universale a un vissuto personale e viceversa. Pensi a Guerra e Pace, e torniamo alla Russia. È il mio romanzo preferito: da una parte hai la narrazione del generale Kutuzov e dall’altra l’amore tra Natasha e il principe Andréj. Le storie nella Storia.

Le manca occuparsi di politica nel senso più classico?
No. Io non vivo mai nel passato e comunque di politica continuo ad occuparmi. Peraltro la politica non è solo intervistare i politici, ma è anche il racconto della contemporaneità.

A Oggi è un altro Giorno però intervista i politici in maniera inusuale: c’è chi canta, chi fa collegamenti a sopresa con qualche familiare. Non c’è il rischio che sembrino mosse da captatio benevolentiae? E c’è qualcuno che ha rifiutato questo registro?
L’hanno fatto tutti, Salvini, Meloni, Bersani, Letta, Calenda, Zaia, Di Maio…. Qualcuno si era già aperto in un libro, altri lo hanno fatto accettando la nostra proposta. Un politico mi ha detto ‘è stato molto divertente: poi arriveranno le interviste politiche e lo saranno di meno‘. Io penso che giornalisticamente sia interessante far conoscere la realtà umana, intima delle persone, anche di chi guida la nostra vita pubblica. Bersani ha cantato Vita Spericolata dopo aver raccontato di quando ha organizzato lo sciopero dei chierichetti. Salvini ha ricevuto la videolettera della fidanzata Francesca Verdini. Poi è ovvio, quando l’argomento è invece l’attualità il registro cambia. I piani non vanno confusi: se sviscero il lato umano del personaggio, non mi addentro nel programma politico.

Oggi 8 marzo, festa della donna. Lei ha intervistato donne famose ma anche donne non note al grande pubblico con storie fuori dal comune. Ce ne sono alcune che porta nel cuore?
Se proprio devo scegliere delle figure che hanno lasciato in me un segno particolare direi Ida Di Giovanni. Orfana di femminicidio, donna di grande dignità e coraggio che dopo la morte della madre per mano del padre ha saputo far vincere la voglia di vivere e di aiutare gli altri. In generale direi che il dolore espresso con dignità e la forza della rinascita mi commuovono. E poi Mariella Enoc, presidente dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù, che ho intervistato due volte e che mi colpisce sempre per visione personale, inedita, non convenzionale, che porta al ragionamento e insieme alla compassione. Una donna che apre strade nuove. Infine le direi tutte le donne che hanno combattuto contro il covid: personale sanitario innanzi tutto, impegnate in prima linea contro il virus e, ahimé, alle prese poi persino con episodi di violenza no vax. Ma anche quelle che hanno svolto servizi essenziali fondamentali nei momenti più bui. Esempio su tutti, le cassiere dei supermercati.

Lei ha fatto un lungo percorso in Rai, aveva 18 anni quando ha cominciato. Nel suo percorso ha fatto i conti con una Rai maschilista? Oggi può dire che qualcosa sia cambiato?
La cultura patriarcale esiste ora come esisteva 25 anni fa. Ma certamente molto è cambiato. Per me è fondamentale dare l’esempio. Parlare di femminismo in linea teorica è interessante ma lascia il tempo che trova. Il femminismo è una pratica quotidiana che parte da noi stesse.

E come si porta avanti quotidianamente?
Quando ero ragazzina pensavo che essere donna fosse un grande privilegio: le possibilità dell’uomo e in più una sensibilità ulteriore. Persino la frivolezza, perché anche quella ti aiuta a comprendere la realtà, a cogliere sfumature che una testa più tetragona non apprezza. Quando ho cominciato a lavorare ho capito che non era tutto così semplice: tutti i dirigenti maschi, gran parte degli autori maschi. Ti devi un po’ far valere e ancora talvolta serpeggia l’idea che se tu ti fai valere sei poco femminile o sei una rompiscatole. Ma stiamo progredendo: per esempio le battute che si facevano una volta sulla ‘donna uterina’ ora non si fanno più. Almeno pubblicamente! Perché quando siamo tante e unite è il senso di squadra che vince. Ecco perché dico ‘pratica quotidiana’: dare l’esempio. Non devi aver paura di raggiungere posizioni di potere, perché il potere è uno strumento col quale si può cambiare. Vale nel racconto televisivo e anche che i meccanismi che lo regolano. Ad Agorà ho subito voluto più donne nel gruppo autorale. E ho promosso donne più belle, più giovani e più intelligenti di me.

Arrivare al potere per cambiare le cose.
Una delle mie migliori amiche quando io lavoravo a Mi manda Lubrano era Rony Daopulos, autrice di Processo per Stupro (programma di RaiDue in onda nel 1979, ndr) e insieme a lei frequentavo altre femministe più grandi di me che mi hanno riconsegnato la percezione del femminismo nella vita quotidiana. E io mi sono detta, ‘devo stabilire un link di sorellanza’. Anche perché se sei tu la prima a fare squadra e a non mettere le une contro le altre, così faranno con te e con chi verrà dopo di te. Poi certo, la persona scorretta la trovi, sia uomo che donna e lì divento una iena. C’era una rubrica su Cuore, “Niente resterà impunito” (ride, ndr).

Quote rosa?
Sono abbastanza favorevole perché se il potere è tutto in mano ai maschi loro tenderanno a reiterarlo l’uno con l’altro.

Frequenta donne del mondo dello spettacolo?
In realtà no, perché nel mondo dello spettacolo sono arrivata tardi. Ci sono persone con le quali mi scambio dei messaggi, telefonate, cene. L’amicizia è un concetto troppo importante per poterla attribuire a persone che hai conosciuto da poco e sul lavoro.

Di lei, al di fuori del lavoro, si sa poco o niente. Il pettegolezzo non la sfiora, a parte un presunto storia d’amore con un bel direttore d’orchestra… (Lorenzo Viotti, ndr)
(Ride, ndr) Ma no, macché storia d’amore… Io sono una melomane e…
Si emoziona, non si può proprio sapere nulla del privato della Bortone.
Perché poi alla fine, ma che ve devo racconta’? Quando mi ‘accaso’ ve lo dico, come si fa in famiglia, vi racconto solo le cose importanti.
Allora aspettiamo il lieto annuncio.
Beh, sono arrivata a 51 anni, la vedo abbastanza complicata: se non mi sono ‘accasata’ fino ad ora o nessuno me se piglia, oppure io sono troppo abituata alla mia indipendenza.
A occhio e croce direi più la seconda.
Alla fine ognuno ha quello che vuole nella vita. Oltretutto detesto l’autocommiserazione. Le relazioni sono figlie comunque di un compromesso e un compromesso è un impegno, e non lo dico in modo sgradevole verso chi accetta compromessi. Evidemente non faceva per me. Poi magari tra un anno o tra due mesi ti dico ‘guarda ho pensato che per me è importante avere qualcuno con cui condividere il desco familiare‘. Per altro ho avuto due convivenze importanti. A oggi dico però che non è stata la mia missione nella vita…
Quindi non la vedremo mai portare il suo privato il tv, vedi Hunziker e il bacio con l’ex Ramazzotti?
Mah, in questo caso si tratta di due personaggi strapubblici: se tu vivi la tua vita privata in pubblico fin dall’inizio, è abbastanza inevitabile che poi tu ‘debba rendere conto’, perché il pubblico se lo aspetta. Penso ad Al Bano e Romina, una grande epopea televisiva, mediatica e artistica anche se loro non hanno mai parlato della coppia, insieme. Nel caso Hunziker-Ramazzotti, due che rimangono uniti anche dopo il divorzio possono pure essere un esempio positivo. Se poi è autentico, meglio ancora… Per quanto riguarda me, io non ho mai scritto nulla sui social della mia vita privata, nemmeno quando è morto mio padre.
Una cosa troppo intima e dolorosa.
Sì. Non riuscivo, era un pudore veramente molto forte. Questo non vuol dire che io critichi chi lo fa, ognuno affronta amore e dolore in modo personale.
Come immagina una sua prima serata?
Non immagino mai cose che non ho, non sono una sognatrice. Non ho mai sognato neanche il principe azzurro.
Ma lo farebbe un programma in prime time?
Se e quando mai me lo proporranno, ci penserò. La vita è sempre imprevedibile. E io detesto la palude. Mi diverte una citazione da Blow Up: “Niente di meglio che un piccolo disastro per smuovere le cose“. È evidentemente un paradosso, ma il mio motto è sempre “smuovere le acque”.
Tutto può succedere.
Sì, ho l’idea che le cose accadono, sempre. E se non accadono le faccio accadere.
La nuova stagione di Oggi è un altro Giorno intanto è confermatissima.
Sì. Vedremo cosa inventarci. Un po’ la realtà ci detta l’agenda. Un po’ dovremo sempre cambiare. È l’unica chiave.

Foto Assunta Servello per Ufficio Stampa Rai

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