È volato a sorpresa a Mosca da Vladimir Putin, dove ha parlato per tre ore con l’uomo del Cremlino. Poi è partito alla volta di Berlino. Nella delicatissima crisi ucraina, spunta la carta israeliana. Gerusalemme, infatti, tenta di proporsi come mediatore. Il premier Naftali Bennett, finora forse il leader occidentale più cauto verso la Russia, è il primo politico straniero che incontra Putin dopo l’attacco a Kiev. Bennett ha prima avvisato la Germania, la Francia e naturalmente il suo principale alleato: gli Stati Uniti.

Dopo la visita il leader israeliano ha telefonato al presidente ucraino Volodymr Zelensky ed è volato a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il tutto dopo aver sentito anche Emmanuel Macron, a conferma che probabilmente qualcosa si muove. In Israele la stampa locale fa notare come per volare a Mosca Bennet, che è ebreo ortodosso molto osservante, abbia violato le rigide regole dello Shabbat: segno che questa missione non swi poteva proprio rinviare. Nel colloquio con Putin, durato tre ore e rivelato da fonti del Cremlino solo poco prima che finisse, è stato affrontato anche il possibile imminente accordo a Vienna sul nucleare iraniano, cui Israele si oppone.

La mossa del premier israeliano arriva in un momento in cui la diplomazia americana ed europea sembra incapace di trovare una exit strategy dopo che tutti i Paesi occidentali, anche se con intensità distinte, si sono schierati compatti a sostegno di Kiev, fornendo assistenza economica, militare e imponendo sanzioni economiche contro la Russia. Pur non appartenendo né alla Ue né alla Nato, anche Israele è a tutti gli effetti considerata una nazione dello schieramento occidentale, soprattutto come alleato di punta degli Usa. Per questo finora il suo approccio di cauta condanna verso Mosca, glissando sulle sanzioni a Mosca e negando il trasferimento di armi a Kiev, ha suscitato malumori e perplessità sulle due sponde dell’Atlantico e in Ucraina. Ma Israele è anche l’unico Paese occidentale che può vantare relazioni privilegiate sia con la Russia (per ragioni storiche, di immigrazione e del ruolo di Mosca come power broker in Medio Oriente) che con l’Ucraina (dove vive una comunità di circa 50.000 ebrei, tra cui lo stesso presidente Volodymyr Zelensky). Per questo ha cercato di mantenere un canale aperto con entrambe le parti.

Durante il colloquio con Putin, a fianco di Bennett era presente anche il ministro dell’edilizia e delle costruzioni Ze’ev Elkin, che ha fatto da traduttore: è nato a Kharkiv e ha un fratello in Ucraina. Secondo quanto riporta The Jerusalem Post, Zelensky gli ha offerto un posto di gabinetto dopo essere stato eletto presidente dell’Ucraina nel 2019. Elkin ha tradotto Putin per i primi ministri in riunioni per più di un decennio. Anche il consigliere per la sicurezza nazionale Eyal Hulata, il consigliere diplomatico Shimrit Meir e il portavoce Matan Sidi hanno accompagnato Bennett a Mosca. Sempre secondo il Post sarebbe stata Kiev a chiedere un maggiore ruolo israeliano come intermediario. Bennett avrebbe già proposto il suo ruolo di mediatore a Putin nel loro primo incontro a Sochi lo scorso ottobre (nella foto) ma il presidente russo avrebbe rifiutato. Ora però il quadro è cambiato e nessun Paese sembra più equidistante di Israele.

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