Mentre l’incertezza sulla crisi ucraina fa volare i prezzi di petrolio e gas, le agenzie di rating ufficializzano lo scenario che da quattro giorni ha visto Mosca diventare di fatto un paria sui mercati. Dopo Standard&Poor’s anche Fitch e Moody’s hanno declassato il rating della Russia, portandolo a livello speculativo. Il Paese è considerato a rischio di non poter rimborsare il debito a causa dell’impatto delle sanzioni occidentali. Un default selettivo è alle porte: la Banca centrale russa, oltre a confermare che la Borsa di Mosca resta chiusa, ha annunciato che sarà vietata da oggi la distribuzione di cedole agli investitori stranieri che possiedono titoli di stato federali. La mossa è un estremo tentativo di ridurre il flusso di liquidità verso l’estero dopo che le riserve internazionali – circa metà del totale – sono state congelate. Intanto, secondo Reuters, i regolatori si stanno preparando per la chiusura del braccio europeo di Vtb, la seconda maggiora banca russa, che seguirebbe l’addio di Sberbank. Il rublo continua la sua caduta: in avvio di contrattazioni ha toccato un minimo a 117 contro il dollaro, per poi muoversi attorno a 115 punti, -8% rispetto alla chiusura di ieri.

L’escalation dei bombardamenti russi, con relativi stravolgimenti dei mercati energetici, sta spingendo al contempo le materie prime a nuovi record. Ad Amsterdam il gas ha toccato il massimo storico di 200 euro al megawattora (esattamente 199,99) per poi scendere leggermente con il future Ice Ttf, il riferimento della materia prima per l’Europa mentre il prezzo dei futures sul petrolio Brent ha superato la soglia dei 116 dollari, in rialzo del 3,5% a 116,88 dollari al barile, avvicinandosi al record di 118,9 dollari raggiunto a febbraio 2013. I futures sul Wti segnano rialzi del 3,4% a 114,37 dollari. Le quotazioni del barile sono influenzate dal crollo dell’export russo – nonostante sul comparto non siano state varate sanzioni, i trader hanno smesso di acquistarlo – e anche dalla decisione dei Paesi Opec di ignorare la situazione e aumentare solo di poco la produzione. Una situazione simile si prefigura per il carbone: funzionari del governo australiano hanno avviato colloqui con fornitori locali di carbone per cercare di procurare rifornimenti per i partner commerciali in Asia e per la Polonia, in modo da subentrare alle forniture dalla Russia. A beneficiarne dei rincari delle materie prime in Borsa sono i titoli del settore, che guidano i rialzi insieme a quelli della difesa, mentre pagano le società con forte esposizione su Mosca.

Sul fronte produttivo e commerciale, diversi grandi gruppi – da Volkswagen e Ikea e H&M – stanno fermando tutte le attività nel Paese dopo le proteste dei giorni scorsi hanno fatto marcia indietro e interrotto le attività nel Paese. Il gigante svedese dell’arredamento low cost ha deciso di lasciare aperti solo i centri commerciali che operano sotto il marchio Mega, per garantire – spiega – che le persone abbiano accesso a cibo e medicine.

L’impatto delle sanzioni, di converso, avrà un effetto domino su aziende e istituzioni europee. La vigilanza di Bce e di Banca d’Italia sta chiedendo formalmente in questi giorni alle banche l’esposizione diretta e indiretta verso le controparti russe e se fra i propri clienti vi siano soggetti colpiti dalle sanzioni Ue. E’ possibile che nelle prossime ore o giorni arrivino indicazioni sulle nuove misure sanzionatorie decise ieri dalla Ue fra cui l’esclusione di alcuni istituti russi dal sistema Swift e su come comportarsi con le banche non incluse. Intesa, che in Russia conta 28 filiali ed oltre 900 dipendenti, oggi ha fatto sapere che “la nostra presenza in Russia è oggetto di valutazione strategiche“. “Condanniamo totalmente quanto sta accadendo”, ha detto un portavoce,” e siamo impegnati ad aiutare tutte le nostre persone in Ucraina fornendo accoglienza, nei Paesi in cui operiamo, ai colleghi ucraini”.

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