Un’avanguardia costellata di incognite. Il Piemonte è la prima regione italiana ad aderire a Hydrogen Europe, organizzazione europea con sede a Bruxelles che raggruppa aziende, associazioni, enti pubblici e privati impegnati a sostituire l’idrogeno ai combustibili fossili, decarbonizzandone al contempo la produzione. Un obiettivo in linea con la strategia Ue tracciata a luglio 2020 che mira a produrre un milione di tonnellate di idrogeno da fonti rinnovabili (il cosiddetto idrogeno verde) entro il 2024, per raggiungere quota 10 milioni entro il 2030. Ma per raggiungere il traguardo occorre superare l’ostacolo delle materie prime critiche, che sono concentrate nelle mani di pochi Paesi, per di più esterni all’Unione europea. Una sfida che appare tanto più imponente nei giorni in cui l’invasione russa dell’Ucraina fa venire al pettine il nodo della dipendenza energetica europea.

Dalla ricerca alla produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse – Il Piemonte entra in Hydrogen Europe allo scopo di “creare un ecosistema che parta dalla ricerca, proceda al trasferimento tecnologico e giunga alla produzione di idrogeno verde”, spiega Matteo Marnati, assessore regionale ad Ambiente, Energia, Innovazione e Ricerca. Il programma non è ancora del tutto definito, ma la Regione può avvalersi del contributo di tre atenei: Università del Piemonte Orientale, Politecnico e Università di Torino. E di oltre 60 aziende che appoggiano la prossima candidatura della giunta regionale al bando del ministero della Transizione ecologica, quello che mira a individuare aree industriali dismesse da riconvertire in centri di produzione di idrogeno verde. “Nel giro di un mese avremo la mappatura delle aree più idonee alla candidatura”, prevede Marnati. Nel frattempo il neo-associato Piemonte stringerà i rapporti con gli altri membri di Hydrogen Europe, a partire dalle regioni con le quali ha già sottoscritto accordi: la francese del Rodano-Alpi e il Land tedesco del Nordreno-Westfalia. L’idea è “partecipare insieme ai progetti europei di larga scala per accrescere la capacità di inserirsi nel mercato”, chiosa l’assessore.

Lo scoglio delle materie prime critiche – Accanto ai soggetti deputati a realizzare progetti industriali, Hydrogen Europe presenta un ramo votato esclusivamente alla ricerca, Hydrogen Europe Research, che questo mese ha pubblicato un documento di sintesi sullo sviluppo tecnologico del vettore energetico. Uno degli scopi definiti “prioritari” è produrre idrogeno a prezzi competitivi, a basse emissioni di carbonio e facendo un “uso minimale delle materie prime critiche”. Critiche perché cruciali alla transizione ecologica, ma concentrate nelle mani di pochi Paesi, per di più esterni all’Unione europea. Per integrare il ciclo produttivo dell’idrogeno verde – l’unico davvero sostenibile – sono necessari il nichel, lo zirconio e i metalli appartenenti al gruppo del platino (rutenio, rodio, palladio, osmio, iridio e platino). I primi due vengono impiegati negli elettrolizzatori, gli altri nelle celle a combustibile – dispositivi senza i quali la catena del valore dell’idrogeno verde non esisterebbe.

Le incognite dell’approvvigionamento – Le riserve principali di nichel sono localizzate soprattutto nel Sudest asiatico e in Russia, quasi l’80% delle forniture globali di zirconio proviene invece dalla sola Cina. La terra del Dragone detiene circa il 95% delle materie prime critiche (crm) usate da elettrolizzatori e celle a combustibile ad ossidi solidi, ad oggi diffusi su scala di laboratorio, ma promettenti perché capaci di ridurre il consumo di elettricità. Platino e iridio, presenti nelle membrane degli elettrolizzatori, sono due tra i metalli più rari e ad alte emissioni del mondo, peraltro altamente concentrati in Sudafrica che possiede il 70% del platino e l’85% dell’iridio globali come evidenzia il report Geopolitica della transizione energetica. Il fattore idrogeno, pubblicato lo scorso gennaio dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Rinnovabile (Irena).

Quella della concentrazione non è l’unica incognita legata alla disponibilità di materie prime critiche. Stando ai dati comunicati dalla Commissione europea il 3 settembre 2020, il rutenio ha un tasso di riciclo dell’11%, l’iridio del 14%, il platino del 25%, il palladio e il rodio del 28%. Percentuali non abbastanza elevate da far dormire sonni tranquilli al Parlamento europeo che lo scorso 24 novembre ha approvato una risoluzione in cui chiede di adottare una strategia per l’approvvigionamento sostenibile di crm, tra cui anche i metalli del gruppo del platino. Tra le vie percorribili suggerite, c’è proprio quella di accrescerne le quote riutilizzabili: “I processi industriali di riciclaggio delle materie prime critiche necessitano tuttora di cospicui investimenti nelle infrastrutture di raccolta e recupero, nell’innovazione e nell’espansione delle tecnologie, come pure nelle competenze”, osserva Hildegard Bentele, eurodeputata e relatrice della risoluzione.

Tensioni geopolitiche – In effetti, secondo il Global Hydrogen Review 2021 redatto dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette di carbonio entro il 2050 la domanda complessiva di minerali critici vitali per la tecnologia dell’energia pulita aumenterà di almeno sei volte. Le premesse per crisi di approvvigionamento, volatilità dei prezzi e tensioni geopolitiche ci sono tutte. A fare la differenza sarà l’approccio che i diversi Stati assumeranno nei confronti di questa fonte rinnovabile. “In una prospettiva puramente commerciale, si potrebbe ipotizzare la nascita di ‘elettrostati’, ma non è detto che i Paesi adottino questa logica” – spiega al Fattoquotidiano.it Marco Giuli, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) e ricercatore presso l’Istituto di Studi europei della Libera Università di Bruxelles. Alcuni, infatti, potrebbero optare per il “rimpatrio energetico”, cogliendo nell’idrogeno l’opportunità di ridurre la propria esposizione nei confronti di potenze straniere. In ogni caso, “i diversi scenari hanno forbici molto importanti – avverte Giuli – perché c’è ancora una forte incertezza sui settori finali in cui l’idrogeno verrà utilizzato”. Irrinunciabile nei processi industriali in cui le emissioni di carbonio sono difficili da abbattere, meno per i veicoli leggeri che invece stanno puntando sulle batterie. Gli attriti geopolitici dovuti a questo vettore energetico saranno direttamente proporzionali alla sua pervasività. Basti dire che la Russia mira a diventare uno dei principali produttori globali di idrogeno, soprattutto blu, per sfruttare la sua grande disponibilità di gas.

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