Nella notte in cui iniziava l’aggressione all’Ucraina da parte della Russia, Viktoria ha preso la propria auto e si è diretta al confine più vicino, oltre 1.500 chilometri da Genova, per portare al sicuro la famiglia di suo figlio. Oggi è tornata in Italia, con sé è riuscita a fare espatriare i suoi nipoti con la mamma, suo figlio resta in Ucraina, “obbligato come tutti gli uomini – spiega a ilFattoQuotidiano.it – sperando che la situazione non degeneri ulteriormente perché non riuscirei neanche a immaginare possa morire a causa di una guerra che nessuno vuole”.
Sotto l’abbazia di Santo Stefano, a Genova, da anni si riunisce la comunità cristiana ucraina. “Non avremmo mai immaginato di dover far fronte a un’emergenza del genere – ci accompagna tra vestiti e di prodotti di prima accoglienza Olena, che nei territori più colpiti in questi giorni ha tutta la famiglia di suo marito e i suoi zii – ora abbiamo una rete di famiglie pronte ad accogliere e stanno arrivando le prime decine di persone (un pullman, alcune auto private) che hanno riferimenti in Liguria, ma nelle prossime settimane ci aspettiamo almeno altri 300 arrivi”. La situazione è drammatica ma il desiderio di tutti, almeno tra le persone scese in processione per una fiaccolata per la pace dai locali della chiesa a piazza De Ferrari, è che “prevalga il dialogo, non la crescita degli armamenti e della violenza in Ucraina”.
È vero, c’è anche chi in questi giorni parte volontario per combattere in Ucraina (è il caso di un giovane ucraino residente a Savona, che prima di partire avrebbe chiesto la benedizione del prete della comunità Vitaliy Tarasenko), ma la maggior parte delle persone che ora si sta organizzando per accogliere le donne e i bambini che riescono a fuggire ha principalmente a cuore la fine del conflitto, il timore più grande è infatti quello di non potersi ricongiungere a figli e mariti: “Hai bambini piccoli abbiamo detto che è solo un viaggio, che andavano a trovare la nonna – ci spiega Viktoria – ma quando ci chiedono dov’è papà ci viene da piangere, speriamo finisca presto perché nelle guerre non si sa chi vince ma di certo chi perde sempre sono le persone comuni come noi”.
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