di Gennaro Siciliano

Il gelo che ci ha attraversato tutti, dopo la visione di quel video amatoriale che ci è arrivato dal conflitto ucraino, di un carro armato dell’esercito russo che, prima con una manovra svolta velocemente a sinistra e poi intercetta una macchina civile che passava di là, sale su di essa e la schiaccia. Deliberatamente. Con il carico umano che stava trasportando. Come in uno dei videogiochi di guerra che utilizzavo da ragazzino nei primi anni del 2000.

Un gesto fatto con leggerezza estrema, un gesto di un dinamismo cinematografico. Quel militare, che guidando il mezzo blindato, decide che la realtà, in quel momento, è identica ad un videogioco. In maniera leggera. Un accadimento surreale e assurdamente drammatico che sintetizza, per me, la follia di questo esercito, di questo attacco.

L’Ucraina, che ha scelto la democrazia, che ha scelto l’Europa e la libertà, deve difendersi da un aggressore, Putin. Un aggressore fuori tempo che risveglia nelle nostre memorie gli studi fatti sulle due guerre mondiali. Quella terminologia, che pensavamo di ritrovare solo sui libri, risuona nei collegamenti televisivi con gli inviati sul campo, e nei dibattiti. Esattamente come nel lockdown del 2020, che ci ha effettivamente sorpresi e riportato tutti, per qualche settimana, sullo stesso livello, annullando quasi totalmente, vezzi, status, rendendo chiaro ciò che è essenziale, così, e forse ancor più questo attacco, in questo momento storico, rende tutto secondario. Ci spoglia tutti. Ci rende impauriti, fallibili.

Soprattutto mi piace pensare a Putin come una persona fragile oramai, che presto o tardi si renderà conto di ciò, e ricorderà l’attimo in cui ha dato il via all’attacco, come il momento in cui ha fallito come leader politico e come uomo. Non può che essere così.

La drammaticità di questa guerra sì, ci scandalizza e ci rende spaesati, ma ci dà anche la misura di quanto l’Europa sia andata avanti, sia colta, abbia monetizzato risultati potenti dal punto di vista democratico e culturale, e ci mostra quanto invece le non democrazie, i sovrani, i dittatori siamo la traduzione perfetta dell’orrore umano. Il potere nelle mani di uno solo che rimane devastante. Quell’uno che censura chiunque non sia d’accordo con lui e lo carcera. Che arresta migliaia di persone, che civilmente manifestano contro la guerra da lui stesso promossa e scatenata. Per non parlare del controllo sulle tv e sui mezzi d’informazione, affinché mostrino una realtà diversa dal vero, la sua, come un Berlusconi all’ennesima potenza.

Quelle persone meritano di più, meritano di conoscere, di poter essere messi nelle condizioni di scegliere. Di avere un governo al loro servizio e non viceversa. Finché ogni persona al mondo non sarà libera di scegliere, avremo fallito tutti. Non è più ammissibile vedere persone morire così. Se ogni guerra è mossa dall’enorme fabbisogno energetico mondiale, dal fabbisogno sempre crescente di materie prima, come le terre rare, e dagli enormi interessi economici dietro alla gestione di tali risorse naturali, significa che per limitare i danni di possibili conflitti futuri, ogni stato dovrebbe puntare alla propria autonomia energetica.

L’enorme investimento che richiede non deve essere rimandato. Dobbiamo salvaguardare il pianeta, limitare l’inquinamento, e limitare ogni possibilità di conflitto futuro con nuove misure internazionalmente riconosciute. Ciò rappresenta la possibilità di vivere in condizioni ottimali.

Questo momento storico spero segni un’enorme svolta, ma credo che occorrerebbe investire seriamente sulle energie rinnovabili. Sulle centrali a fusione nucleare, pulite e sicure. Promuovere il riciclaggio delle componenti elettroniche dei dispositivi come pc e tablet e spingere le mega aziende affinché ne allunghino la vita negli anni, invece di limitarne le prestazioni per incrementare le vendite di nuovi prodotti. Anche questa rivoluzione, come tutte le altre, parte dalle persone.

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