“Il governo conferma l’intenzione di presentare il disegno di legge per la ratifica del Mes alla Camera”. Il giorno dopo il nuovo richiamo di Bruxelles, il ministro dell’Economia Daniele Franco in question time garantisce che Roma intende mantenere gli impegni sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, firmata un anno fa e ratificata da tutti i Paesi dell’Eurozona tranne Germania (giustificata però dall’attesa per il pronunciamento della Corte costituzionale) e Italia. Il problema è che basta evocare l’ex fondo salva Stati coinvolto nel doloroso salvataggio della Grecia per scatenare polemiche e dietrologie. A fine 2020 sul via libera alla riforma rischiò di andare sotto Conte – che sarebbe caduto a un mese di distanza con la scusa della governance del Recovery ma anche del mancato utilizzo del Mes sanitario – e ora il problema politico si ripresenta per Draghi.

“Il tema – ha ricordato Franco – è stato oggetto di discussioni parlamentari fin dal 2018, in diversi momenti, in assemblea e nelle commissioni parlamentari sia alla Camera che al Senato. Ad oggi 17 su 19 Stati membri hanno già completato le relative procedure di ratifica e ratificare l’accordo emendativo del Mes darà seguito agli impegni assunti dall’Italia nei confronti dei partner europei”. Ma se il Pd è pronto ad approvare la riforma che fa del Mes anche un paracadute (o backstop) per il fondo salva-banche e dovrebbe rendere più semplice l’accesso ai finanziamenti in caso di necessità previa valutazione preventiva delle condizioni finanziarie del Paese (debito compreso), il capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli ha fatto qualche distinguo rispetto al sì convinto di Renato Brunetta. La Lega non ne vuol sapere e su questo fa asse con Giorgia Meloni che ha fatto sapere: “Siamo pronti a respingere con tutte le nostre forze questo ennesimo tentativo di riforma di un Trattato che non fa gli interessi dell’Italia”.

I 5 Stelle dal canto loro appaiono divisi. Giuseppe Conte, che pure sulla riforma aveva messo la faccia rivendicando “alcune modifiche che, grazie anche al contributo dell’Italia, sono servite a migliorare un meccanismo già esistente dal 2012″, ora non si dichiara esplicitamente a favore ma dice: “Vediamo le modifiche, le discuteremo, se sono sostenibili le appoggeremo”. Ma di ulteriori modifiche, dopo quelle sulle clausole di azione collettiva annesse ai titoli di Stato rivendicate all’epoca dall’allora ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, non ce ne sono state. E’ noto però che all’interno del Movimento ci sono da sempre posizioni molto critiche secondo cui l’introduzione delle clausole di azione collettiva “single limb” aumenterebbe la probabilità di una ristrutturazione del debito pubblico. Timori che appaiono poco fondati nella pratica.

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