Le energie rinnovabili – eolica, solare, marina – variano nel corso della giornata. E, poiché variano in risposta ai cicli astronomici e alle bizze della natura, non sono quasi mai sincrone con la domanda di energia da parte dell’uomo, che oscilla nel corso della giornata, della settimana, della stagione. L’accumulo di energia è perciò una componente essenziale per stabilire un flusso affidabile di elettricità on-demand da fonti rinnovabili.

L’industria si sta sforzando per introdurre batterie efficienti e sostenibili sotto il profilo ambientale lungo tutto il ciclo di vita. Nonostante gli enormi progressi degli ultimi anni, i risultati in termini di capacità e costi non soddisfano ancora le necessità in quanto a potenza, durata e affidabilità. Produrre sempre più energia da fonti rinnovabili cozza con la difficoltà a modulare l’energia prodotta, evitando di sprecarne buona parte. Non a caso, gli Stati Uniti hanno lanciato un programma di riduzione dei costi di stoccaggio del 90%, un contributo indispensabile alla conquista dell’energia pulita entro il 2035, obiettivo fissato dalla presidenza Biden.

La tecnologia idroelettrica è antica ma fornisce un contributo non trascurabile, se nel mondo sono tuttora installati 1.330 Gigawatt idroelettrici, 370 soltanto in Cina. Con 4.418 Terawattora prodotti nel 2020, quello idroelettrico è il maggior contributo al paniere energetico da parte delle energie rinnovabili: circa tre volte l’eolico e sette volte il solare fotovoltaico. E vale tuttora il 16% dell’elettricità prodotta sulla Terra. C’è un altro idroelettrico, meno conosciuto, che può fornire un supporto essenziale alla transizione energetica verso le fonti rinnovabili. Sono gli impianti reversibili di produzione e pompaggio, connessi o meno in continuo con la rete idrografica. È una tecnologia consolidata da più di un secolo, se il primo impianto industriale – la centrale di Engeweiher di Sciaffusa, in Svizzera – risale al 1907.

Durante i periodi di scarsa domanda (notte, festività, meteo confortevole) si utilizza energia a basso costo, fornita dalla rete, per pompare l’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore, utilizzando macchine idrauliche reversibili. Nei periodi di picco della domanda, l’acqua viene poi rilasciata attraverso le turbine per produrre energia, immessa sul mercato a prezzi più alti. La risposta del sistema è pressoché immediata e totalmente controllabile, a differenza delle altre fonti di produzione. Il bilancio energetico è negativo, perché l’energia spesa supera quella prodotta. Ma si tratta di energia che verrebbe comunque persa, se non la si conserva.

Se le centrali più antiche sprecavano più della metà dell’energia immessa, l’efficienza degli impianti moderni sfiora l’80%, come accade a Bath County in Virginia, con più di tre Gigawatt installati.

In origine, il sistema era stato ideato per bilanciare la produzione energetica delle centrali termiche, incapaci di modulare la produzione tanto le tradizionali, quanto le nucleari. Per esempio, sulla frontiera nord-occidentali del nostro paese si sono fatti anche buoni affari, acquistando energia nucleare notturna dalla Francia per rivenderla al di là delle Alpi la mattina dopo. “E i francesi ci rispettano, che le palle ancora gli girano” come quando pedalava Bartali.

L’Italia ha una discreta tradizione in materia, con impianti anche di notevole potenza, come quello del Chiotas nella Valle Gesso del cuneese, costruito negli anni ’70. Con una capacità di poco più di sette Gigawatt, l’Italia è al quinto posto nel mondo, dopo la Cina, il Giappone, gli Stati Uniti e la Spagna; ma sarà presto superata da India e Germania. Per via dell’orografia favorevole, l’attuale capacità potrebbe crescere facilmente, utilizzando magari qualcuna delle grandi dighe in esercizio nel paese, più di 500.

Le possibilità sono molteplici. Ricordo che nel giocoforza brevissimo periodo da commissario della Protezione Civile per la dismissione delle dighe ottocentesche di Figoi e Galano a Genova avevo suggerito anche questa possibilità, senza alcun riscontro. E non bisogna dimenticare la possibilità di sfruttare anche i piccoli invasi, come quelli delle miniere abbandonate. In virtù del basso costo, il pompaggio idroelettrico costituisce già il 97% dello stoccaggio di elettricità nel mondo.

La percentuale di energia eolica e solare fotovoltaica nella rete elettrica sta crescendo rapidamente. Per garantire una sufficiente stabilità della fornitura elettrica sono necessari impianti di stoccaggio a diversa scala, locale e regionale, assieme a una gestione intelligente e integrata della domanda.

Nel mondo ci sono circa 530 mila siti di stoccaggio dell’energia idroelettrica potenzialmente realizzabili. Il potenziale, circa 22 milioni di Gigawattora, è enorme. È circa cento volte più grande di quanto sarebbe richiesto a supporto di un sistema elettrico mondiale basato al cento percento sulle fonti rinnovabili. Il pompaggio idroelettrico consente uno stoccaggio molto più capace, per tempi assai più lunghi rispetto alle attuali batterie. Soprattutto, non ha problemi di smaltimento del rifiuto esausto, perché non c’è nulla da smaltire. Esso può rappresentare una componente essenziale in un sistema elettrico alimentato dal vento, dal sole e dal mare. Ed è tuttora il mezzo più economico di stoccaggio, sia notturno e settimanale, sia a lungo termine, per qualunque tipo di energia, anche quella prodotta da fonti fossili e fissili.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Mobilità, la pandemia ha bloccato la costruzione di nuove metro: in Italia appena 248 km, meno della sola Madrid. Treni, l’alta velocità aumenta il divario tra regioni

next
Articolo Successivo

Allarme del Wwf: entro il 2050 la plastica negli oceani sarà quadruplicata. Roma è la città più inquinante del Mediterraneo

next