Non proprio l’atteso cambio di passo. A tre mesi dalla decisione di non toccare il nodo delle concessioni balneari nel ddl Concorrenza il premier Mario Draghi mette la faccia sul dossier. Riunendo a Chigi il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, il titolare del Turismo Massimo Garavaglia e lo stesso Giorgetti, collegato in videoconferenza perché positivo al Covid. Ma l’esito dell’incontro, nonostante la sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato la proroga al 2034 e gli appelli della Commissione Ue a intervenire prima possibile per conformarsi al diritto europeo, è tutt’altro che una svolta. “L’impegno condiviso è di arrivare a una proposta che tuteli il settore e che tenga conto delle varie complessità emerse”, recita la nota finale. “Nei prossimi giorni avranno luogo incontri tecnici, con le categorie e le regioni per affinare una proposta condivisa a tutela del settore, rispetto alla procedura d’infrazione già annunciata dalla Commissione”, aggiunge il titolare del Mise, che aveva invitato i balneari direttamente a Chigi (alla fine hanno dovuto accontentarsi di una riunione “interlocutoria” del tavolo tecnico al ministero del Turismo).

A prima vista sembra una mezza vittoria della Lega, che – insieme a Forza Italia e FdI – è contraria alla messa a gara e alla sottomissione a quelli che considera diktat di Bruxelles. E infatti esprime apprezzamento per un incontro “interlocutorio e costruttivo, alla ricerca di una soluzione il più condivisa possibile nell’interesse dei balneari ed evitare prese di posizioni strumentali e ideologiche”. Prima della riunione Gian Marco Centinaio, capo dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega, aveva annunciato la presentazione di una proposta del Carroccio e avvertendo: “Forse c’è qualcuno che sta lavorando per affossare un settore che conta in Italia migliaia di piccole e medie imprese, spesso a gestione familiare. Anziché perder tempo in polemiche inutili i Cinque Stelle farebbero bene a occuparsi di problemi concreti”.

Centinaio rispondeva alle dichiarazioni del “suo” ministro, il capodelegazione M5S al governo Stefano Patuanelli, secondo cui “le gare devono essere fatte, come Movimento lo chiediamo da anni. Massimo supporto al presidente Draghi su questo”. Posizione a dire il vero opposta a quella tenuta nel 2018, quando il M5s ha appoggiato la scelta sostenuta dalla Lega di prorogare lo status quo fino al 2034 rinviando di 15 anni l’applicazione della direttiva Bolkestein. Per poi propugnare, salvo ripensarci in extremis, una sanatoria sui contenziosi amministrativi in corso. Dopo l’apertura di una procedura di infrazione di europea nei confronti dell’Italia, e tanto più dopo che il Consiglio di Stato ha sancito che le attuali concessioni potranno continuare fino al 31 dicembre 2023. il vento è ovviamente cambiato e anche i parlamentari M5s più vicini al comparto ritengono le gare non rinviabili, pur con diversi distinguo sulla tutela degli investimenti fatti. Il presidente di Assobalneari Fabrizio Licordari si dice stupito e incredulo “perché le affermazioni rilasciate alla stampa dal ministro pentastellato stridono e vanno in totale contrasto con quella che è stata la posizione sostenuta dal governo Conte 2, di cui lo stesso Patuanelli era ministro per lo sviluppo economico, e perciò non poteva non sapere: nella risposta del 4 febbraio 2021 resa alla Commissione europea da parte dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, e di cui Patuanelli era ministro, vengono sostenute con fermezza e coerenza le posizioni a difesa e tutela delle imprese italiane che operano sul demanio marittimo ai fini turistico ricreativi”.

A fine dicembre Giorgetti e Garavaglia avevano rinviato ogni decisione annunciando direttamente ai concessionari la creazione di un tavolo tecnico per “definire rapidamente una soluzione condivisa“. Confederazioni e sindacati del comparto avevano annunciato di essere pronti a “indicare propri tecnici per il confronto normativo”. Come dire che intendevano partecipare in prima persona alla stesura della riforma. E sta accadendo proprio questo. Al tavolo ci saranno anche le Regioni, che lunedì, in un documento firmato dagli assessori al demanio, hanno chiesto al governo di essere “convocate subito, insieme alle associazioni di categoria”, per “provvedere immediatamente a una riforma del comparto demaniale marittimo che ponga fine ad anni di incertezze e contenziosi legali”. Per gli enti locali è “inaccettabile e non più tollerabile che l’esecutivo continui a escludere i territori, quindi Regioni e Comuni, da un confronto su un tema che necessita rapidità e condivisione”.

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