La proroga delle concessioni balneari sarà possibile solo fino al dicembre 2023. E’ arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che pone un limite ai continui rinvii sulle concessioni, garantendo altri due anni di proroga “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere”. Le sentenze, pubblicate nella serata del 9 novembre, precisano inoltre che “dal giorno successivo, tuttavia, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza”.

Solo ieri, fonti dell’esecutivo avevano ribadito che il governo sarebbe intervenuto sul tema dopo la pronuncia del Consiglio di Stato. Per questo, hanno spiegato, al momento si è optato per il varo del dl Concorrenza senza il tema spiagge che, fanno notare le stesse fonti, è comunque un tema fuori dal perimetro del Pnrr. Proprio la decisione di arrivare a un decreto “dimezzato” ha provocato, meno di una settimana fa, le esultanze di Assobalneari. Neanche 24 ore dopo, a richiamare l’Italia era stata l’Unione europea: una portavoce della commissione Ue ha spiegato che per Bruxelles è “importante che le autorità italiane mettano rapidamente in conformità la loro legislazione, e le loro pratiche relative alle attribuzioni delle concessioni balneari, con il diritto europeo e la giurisprudenza della Corte di Giustizia“. Il sistema italiano delle concessioni balneari è sotto accusa dal 2009: nel 2016 l’Italia è stata condannata per il mancato rispetto delle norme Ue e due anni dopo il governo Conte 1 ha ulteriormente prorogato le autorizzazioni vigenti fino al 2033. La questione ha creato anche alcuni problemi nella presentazione del Recovery plan: le spiagge non sono mai nominate ed è dovuto intervenire Mario Draghi che ha garantito personalmente con la commissaria Von der Leyern ci sarà un intervento dell’Italia.

“Situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza” – Con le sentenze nn. 17 e 18 pubblicate oggi, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, rimarcando “l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale“, ha affermato che la perdurante assenza (nonostante i ripetuti annunci di un intervento legislativo di riforma, mai però attuato) di un’organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell’Ue, perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni (l’ultima, peraltro, della durata abnorme, sino al 31 dicembre 2033), così impedendo a chiunque voglia entrare nel settore di farlo.

Secondo il Consiglio di Stato – si legge in un comunicato – il confronto concorrenziale, oltre ad essere imposto dal diritto Ue, “è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita”. I concessionari attuali potranno comunque partecipare alle gare che dovranno essere bandite. Per consentire alla p.a. di “intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara”, per “consentire a Governo e Parlamento di approvare doverosamente una normativa che possa finalmente disciplinare in conformità con l’ordinamento comunitario il rilascio delle concessioni demaniali”, nonché per evitare l’impatto sociale ed economico della decisione, le attuali concessioni potranno continuare fino al 31 dicembre 2023. Dal giorno successivo, tuttavia, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza. Scaduto tale termine, quindi, “tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se via sia – o meno – un soggetto subentrante nella concessione”.

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