Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ostenta ottimismo, mentre per i dirigenti scolastici ci vuole ancora molta cautela prima di parlare di “normalità”. Mercoledì l’inquilino di viale Trastevere, nella conferenza stampa convocata dopo il Consiglio dei ministri, è tornato a dare i numeri sull’andamento della pandemia a scuola: “Abbiamo l’81,3% degli alunni in presenza, il 92% dei docenti e il 93,5% del personale Ata. Tra gli alunni, i positivi e in quarantena, sono il 23,3% nella fascia dell’infanzia (0-6); il 22,5% nella scuola primaria e nella secondaria il 15,8%”.
Percentuali che hanno permesso a Bianchi di dire: “Vi era stato un aumento delle quarantene nelle settimane successive alla riapertura, che erano dovuti alla situazione di quando la scuola era chiusa per le feste. Adesso, negli ultimi dieci giorni c’è una sorta di plateau“.

Facendo un confronto con le percentuali della scorsa settimana, pubblicate dal ministero il 28 gennaio (relative alla settimana dal 17 al 22 gennaio) c’è stato un lieve peggioramento tra gli allievi in presenza: erano l’81,9%. Per quanto riguarda maestri e professori, sono persino aumentati di un punto percentuale quelli che sono in classe, così come per gli Ata (che erano 92,7%). Per quanto riguarda le diverse fasce d’età: all’infanzia, secondo i dati del 28, erano positivi o in quarantena il 21,7% dei bambini; il 21,5% dei ragazzi della primaria e il 15,6% di quelli delle medie e delle superiori.

Numeri che ora, nessun capo d’istituto contesta più al ministro Bianchi. Il primo a non alzare barricate è proprio Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: “Non siamo ancora in ‘normalità’, ma sicuramente ci stiamo avviando in quella direzione. È possibile che si registri un incremento dei casi nella fascia di età più bassa a causa della (ancora) ridotta copertura vaccinale”. Giannelli ha una soluzione in tasca: “Organizziamo un VaxDay in ogni scuola per incentivare al massimo la vaccinazione. Partendo dalle scuole in cui ci sono meno vaccinati; informazione disponibile se si dispone del dato incrociato delle vaccinazioni e degli iscritti a ciascuna scuola”. Guardando ai grafici della struttura commissariale sui vaccini somministrati ai bambini tra i cinque e gli undici anni, si nota come al 28 gennaio scorso a non aver fatto alcuna dose erano ancora in 2.213.756 (60.55%), su una platea di 3.656.069.

A non abbassare la guardia sono, soprattutto, i presidi in trincea. Cristina Costarelli, presidente dell’Anp Lazio e dirigente del liceo “Newton” di Roma, spiega: “La situazione sembra stabilizzarsi. Se la scorsa settimana avevo dieci casi al giorno di positivi o quarantenati ora ne ho cinque. La fotografia fatta da Bianchi è incoraggiante, ma il 20% circa degli studenti è ancora in ddi e questa percentuale è distribuita in varie classi. Siamo arrivati al 3 febbraio per tirare il fiato ma quanto è costato questo sacrificio? E’ facile sbandierare la presenza per la politica, ma i dirigenti e non solo per due settimane hanno subito uno stress indimenticabile e si sono dovuti dedicare solo a gestire la pandemia”.

Una riflessione che condivide il collega Matteo Loria, a capo dell’Anp in Lombardia: “Le prime due settimane dopo il rientro dalle vacanze sono state disastrose: ho gestito 360 studenti a casa su 1350, uno su quattro. Se ci avessero ascoltato, tenendo in dad tutti per quindici giorni, non ci sarebbe stato un sovraccarico burocratico che non ha fatto certo bene alla scuola. La situazione sta leggermente migliorando ma dobbiamo continuare a fare attenzione”.

Non cantano ancora vittoria nemmeno in Liguria: “Le nostre percentuali sono più alte a causa delle difficoltà delle Asl a provvedere al tracciamento dei positivi. Il Consiglio dei ministri ha allargato le maglie per rendere possibile la scuola in presenza: è rischioso ma è una decisione politica. Resta una perplessità: l’ultima variazione di regole è del 28 gennaio scorso e ora siamo al 3 febbraio. Si cambiano norme ogni cinque giorni, è imbarazzante. Abbiamo bisogno di un po’ di stabilità”. Più ottimista Roberto Romito dalla Puglia: “Nella nostra Regione abbiamo un tasso di vaccinazione nei bambini tra i cinque e gli undici anni più alto che altrove e questo ci permette di essere più speranzosi. Va detto che nelle province c’è una minore diffusione del contagio rispetto alle città”. Il numero uno dei presidi in Puglia spezza una lancia a favore di Bianchi: “Finalmente ogni settimana abbiamo dei dati sulle presenze e assenze a scuola. Non si vedeva questa trasparenza dall’inizio della pandemia”.

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