Sale ancora l’inflazione che in gennaio arriva al 4,8%, per l’Italia è il valore più alto da 26 anni. Lo scorso dicembre l’indice si attestava al 3,9%. In un mese i prezzi sono saliti in media dell’1,6%. A spingere i prezzi sono sempre i beni energetici, in particolare le bollette, in rialzo del 93,5% rispetto ad un anno fa. A cascata il maggior costo di energia e trasporti si riverbera su diverse categorie merceologiche. Rispetto al gennaio 2021, alimentari e bevande costano in media il 3,8% in più di un anno fa, alberghi e ristoranti il 4,1% in più. Modesti gli incrementi per l’abbigliamento e i servizi sanitari entrambi in rialzo dello 0,7%, Unica voce in calco su base annua le telecomunicazioni. in discesa del 3,9%. Il cosiddetto “carrello della spesa” ossia il sotto indice che raggruppa i prodotti a maggior frequenza di acquisto (beni alimentari, per la cura della casa e della persona) arriva al 3,2% dal 2,4% di dicembre. L’inflazione acquisita per il 2022 (ossia il dato a fine anno in caso di variazioni nulle nei prossimi 11 mesi) si attesta al 3,4%.

L’andamento dell’inflazione “desta preoccupazione non solo per le conseguenze economiche ma anche per quelle sociali“. E’ quanto ha detto Cristina Freguja, direttore centrale per le Statistiche Sociali e il Welfare dell’Istat, nella conferenza stampa dopo la diffusione dei dati del carovita a gennaio. L’impatto inflazionistico, ha spiegato infatti, “più ampio per le famiglie più povere” che solitamente destinano maggiori acquisti ai prodotti energetici. “Se guardiamo ai prossimi mesi è ipotizzabile che avremo ancora una fase calda nei mesi più vicini e molto dipenderà dall’andamento dei beni energetici. Se si stabilizzassero potrebbero esserci effetti di rallentamento. Ma gli elementi incertezza sono tanti e bisogna ragionare a vista”, ha spiegato il responsabile del servizio sistema integrato sulle condizioni economiche e i prezzi al consumo dell’Istat, Federico Polidoro. “Se si dovesse consolidare un trend dei prezzi al consumo di questa ampiezza da un punto di vista della crescita, saremmo di fronte a un elemento non più sano, ma patologico che produrrebbe conseguenze negative da vari punti di vista sull’economia“, avvertono quindi gli analisti dell’Istat osservando che “se questo surriscaldamento che sta avvenendo ai diversi stadi dell’inflazione dovesse cominciare a rallentare credo che anche le preoccupazioni per l’andamento della crescita del Pil siano consistenti”.

L’Istat rimarca inoltre i rischi per i risparmi. In una fase di interessi bassi la corsa dei prezzi rischia di tradursi in una perdita di valore reale dei patrimoni. Per contro l’inflazione gioca a favore di chi ha debiti, il cui valore si riduce più rapidamente in termini reali. “Sicuramente un’inflazione cosi elevata oltre a colpire i consumatori può mettere a rischio anche i risparmi perché se i prezzi aumentano rapidamente i denari sul conto corrente che non garantisce alcun tipo di rendimento si svaluteranno della percentuale di inflazione. Se l’inflazione dovesse essere duratura questo potrebbe avere un impatto negativo, anche le obbligazioni e titoli di stato potrebbero essere a rischio visti i rendimenti che sono mediamente bassi e spesso fissi nel tempo”, affermano gli analisti dell’istituto.

“Un dato preoccupante ma non del tutto inatteso quello odierno sull’inflazione del mese di gennaio. La sintonia con i fenomeni inflazionistici a livello dei principali paesi industrializzati, testimonia la provenienza principalmente esogena di questi shock inflazionistici: la causa principale è ancora nelle dinamiche delle componenti energetiche”, così l’Ufficio economico Confesercenti commenta, in una nota, le stime provvisorie dell’Istat, prevedendo che l’inflazione si attesterà quest’anno intorno al 3,5%. “Occorre tutelare il potere d’acquisto delle famiglie ed evitare pesanti ricadute sul livello dei consumi, che restano ancora sotto i livelli pre-Covid – continua Buttarelli -. Lo sforzo delle nostre imprese non consentirà di evitare che nei prossimi mesi si rilevi un ulteriore incremento dei prezzi sul carrello della spesa” commenta invece Federdistribuzione.

L’Unione Nazionale Consumatori parla di una “Caporetto per le tasche delle famiglie” e di una stangata record da 1.783 euro per coppie senza figli, 1.715 per coppie con 2 figli. “Un rialzo stratosferico e disastroso! – afferma il presiden dell’Unc Massimiliano Dona – Da giugno a gennaio, in appena 7 mesi, l’inflazione è passata da +1,3% a +4,8, 3,7 volte in più. “Una catastrofe che rallenterà la ripresa in corso, per colpa dei minori consumi” aggiunge. “Una prolungata e intensa inflazione nei prossimi mesi potrebbe modificare negativamente la dinamica del mercato del lavoro, peggiorando le prospettive di crescita per il 2022″ ha affermato due giorni fa l’Ufficio studi di Confcommercio.

Nella zona euro aumento a sorpresa – Oggi è stato diffuso anche la stima flash sull’intera area euro elaborato da Eurostat. L’inflazione sale al 5,1% (dal 5% di dicembre),ben al di sopra delle attese che indicavano una discesa al 4,4%.La componente energetica segna un rialzo del 28,6%, in accelerazione rispetto al + 25,9% di dicembre. Kadri Simson, commissaria europea all’Energia nel corso di un’audizione al Parlamento europeo ha spiegato oggi che “Circa la metà dell’inflazione è causati dall’aumento dei valori dell’energia”.

Nei giorni scorsi erano stati diffusi i dati di Germania(5,1%) e Spagna (6,1%) che avevano entrambe mostrato un rallentamento seppur inferiore alle previsioni. Piccola frenata anche in Francia dove l’inflazione è scesa dal 3,4 al 3,3%, anche in questo caso meno delle attese. . L’inflazione core dell’area euro, ossia esclusale componenti più volatili come energia e alimentari, si attesta al 2,3%, in discesa rispetto al 2,6% di dicembre.

La Banca centrale europea si attende nel corso del 2022 un progressivo rallentamento dell’inflazione che dovrebbe attestarsi intorno alla quota considerata ideale del 2% entro fine anno. Diversamente la Bce sarebbe spinta ad intraprendere azioni più incisive nella sua politica monetaria che, per ora, rimane estremamente espansiva. I dati diffusi oggi aumentano la pressione sulla banca centrale per azioni monetaria restrittive come un incremento dei tassi o la riduzione degli acquisti di titoli. Paesi come Germania, Belgio ed Austria spingono da tempo per una stretta.

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