La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, vuole capire cosa sia veramente accaduto nel meccanismo che ha portato Daniele Paitoni, accusato di tentato omicidio e per questo agli arresti domiciliari, già denunciato dalla moglie, a poter passare del tempo con il figlio Daniele, 7 anni, che ha ucciso il 2 gennaio. La Guardasigilli ha chiesto all’ispettorato di “svolgere con urgenza i necessari accertamenti preliminari”. La procura di Varese, guidata da Daniela Borgonovo, ha fatto sapere che aveva chiesto al giudice per le indagini preliminari che doveva decidere sulla misura da applicare all’uomo che aveva tentato l’omicidio di un collega lo scorso novembre che fosse riconosciuta la pericolosità sociale. Ma il gip aveva respinto. “Di fronte a questa tragedia, a questo gesto sconvolgente, impensabile, ingiustificabile, non possiamo che esprimere la nostra vicinanza alla mamma del piccolo Daniele e impegnarci ancora di più contro la violenza” si legge in una nota. Inoltre erano note al giudice le denunce per maltrattamenti presentate dalla moglie e dal padre di lei. Particolari che sono resi noti dalla procura “per una corretta informazione” dopo le polemiche.

Alla Procura della Repubblica di Varese, spiega la nota, oltre al procedimento penale per l’omicidio del figlio, pende nei confronti di Paitoni “un procedimento penale per il delitto di tentato omicidio in danno di un collega di lavoro”. Secondo l’autorità giudiziaria a fine novembre, dopo una lite, “Paitoni avrebbe estratto un coltello e colpito il collega” e “dopo l’arresto in flagranza ad opera della polizia giudiziaria, il pubblico ministero ha qualificato il fatto come tentato omicidio ed ha chiesto, unitamente alla convalida dell’arresto, l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, sul presupposto della ritenuta pericolosità sociale dell’indagato, anche per precedenti denunce“. Il Giudice per le indagini preliminari, prosegue la nota “ha accolto la richiesta, peraltro ravvisando solo un rischio di inquinamento probatorio, attesa la ritenuta necessità di chiarire la dinamica della lite e, successivamente, ha autorizzato incontri del detenuto con la moglie e il figlio”.

Inoltre, “in Procura pende altro procedimento penale” nei suoi confronti “per i reati di lesioni e minacce, in relazione a denunce presentate nei suoi confronti dalla moglie e dal suocero a proposito di condotte aggressive in loro danno“. Le denunce, spiega la Procura di Varese, risalgono ai mesi di marzo e aprile scorso e “si inquadrano nel contesto del conflitto familiare scaturito dalla decisione della moglie di separarsi”. L’ufficio precisa non siano “pervenute segnalazioni di ulteriori ed analoghi episodi con riguardo a nessuno dei familiari dell’indagato” e che “non risulta, per la parte di competenza di questa Procura, l’instaurazione di un giudizio civile per la separazione tra i coniugi” e “non sono pendenti, presso questa Procura, neppure procedimenti per maltrattamenti in famiglia o atti persecutori”. Le indagini sono ancora in corso. A Paitoni è contestata la premeditazione e l’aver agito per motivi abietti. L’omicidio per gli inquirenti, come riporta La Prealpina, sarebbe stata una “ritorsione” contro la ex moglie, anche lei aggredita dall’uomo. L’arrestato si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia. “Non era in condizioni di sostenere l’interrogatorio”, ha detto all’Ansa il suo avvocato Stefano Bruno. Le accuse contestate sono omicidio con le aggravanti di premeditazione e crudeltà, e tentato omicidio.

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