Nonostante una percentuale di popolazione vaccinata tra le più alte del mondo, l’epidemia di Covid-19 prosegue in Italia e nel resto d’Europa, sebbene con una mortalità ridotta. Questa situazione si verifica perché i vaccini disponibili riducono o aboliscono la malattia sintomatica, o almeno le sue forme gravi, ma non impediscono il contagio: i vaccinati possono infettarsi e diventare contagiosi, anche se rimangono asintomatici.

Uno studio italiano apparso recentemente sulla rivista EBioMedicine (un satellite di Lancet) fa un passo avanti nella spiegazione di questo fenomeno. Gli autori della ricerca hanno misurato la concentrazione degli anticorpi nel sangue e nella saliva dei vaccinati ed hanno dimostrato che la prima è molto elevata e protegge quindi il soggetto dalla diffusione sistemica del virus, ma la seconda è molto bassa, insufficiente ad impedire che il virus colonizzi le prime vie aeree, sito di ingresso del virus nell’organismo.

Questo studio conferma una predizione già fatta da tempo sulla base dell’analogia con altri vaccini noti. La bocca, le vie aeree e il tratto gastro-intestinale sono importanti stazioni del sistema immunitario: organi linfatici quali le adenoidi e le tonsille o le placche di Peyer nell’intestino difendono queste vie di accesso all’interno dell’organismo e quando un virus o batterio le percorre i linfociti di questi organi si attivano e sviluppano una risposta immunitaria. Il successivo passaggio del virus o batterio nel sangue e attraverso questo nei tessuti attiva risposte immunitarie analoghe in altre stazioni del sistema linfatico localizzate nei linfonodi, nella milza e in altri organi e tessuti.

Se l’immunizzazione non avviene attraverso la via normale del contagio, ma mediante un vaccino costituito da un virus inattivo o parti di esso o anche solo mRNA somministrato per iniezione intramuscolare, le stazioni linfatiche della bocca, delle vie aeree e dell’intestino vengono scavalcate e non si sviluppa significativa immunità in questi organi.

L’esempio meglio studiato è dato dai due vaccini contro la poliomielite: il vaccino di Sabin è un virus vivo ma privo di attività verso il sistema nervoso a causa di mutazioni appositamente selezionate: viene somministrato per bocca e induce risposte immunitarie sia a livello delle mucose che del sangue. Il vaccino di Salk è un virus ucciso che non svilupperebbe nessuna risposta immunitaria se somministrato per bocca (sarebbe semplicemente digerito nello stomaco), ma induce risposta anticorpale nel sangue se somministrato per iniezione intramuscolare.

Chi è vaccinato col vaccino di Sabin è refrattario sia all’infezione poliomielitica intestinale che alla possibile diffusione del virus al cervello; chi invece è vaccinato col vaccino di Salk è suscettibile all’infezione intestinale ma è protetto dal danno neurologico. Un vaccino preparato con un virus vivo ma attenuato e somministrato per via intramuscolare (come ad esempio il vaccino per il morbillo) realizza una condizione intermedia, nella quale il virus si diffonde nell’organismo attraverso il sangue causando una forma lieve della malattia e raggiunge le stazioni linfatiche delle mucose attraverso il sangue anziché al momento del suo ingresso nell’organismo. Purtroppo tutti i vaccini preparati con virus vivo comportano il rischio che in un soggetto con difese immunitarie deboli il virus possa riattivarsi e causare una malattia grave anziché una lieve.

Il fatto che l’immunità al Covid-19 conferita dai vaccini in uso è soltanto parziale ha l’importante conseguenza (già prevista su base empirica) che l’immunità di popolazione non è raggiungibile. L’immunità di popolazione, che con oltre l’85% di vaccinati avremmo già dovuto raggiungere, è il fenomeno per cui il malato ha scarse probabilità di incontrare persone suscettibili da contagiare e l’epidemia si spegne; se il vaccinato è suscettibile al contagio (anche se non alla malattia) e diventa contagioso a sua volta, questa condizione non può essere raggiunta. In pratica questo significa che, qualunque misura ulteriore noi possiamo adottare, tutti siamo prima o poi destinati ad incontrare il virus, e nessuna soglia di vaccinazione inferiore al 100% è sufficiente a proteggere dal rischio di malattia grave i non vaccinati.

Chi sperava che il vaccino degli altri spegnesse l’epidemia e lo proteggesse deve rifare i suoi calcoli.

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